mercoledì 31 gennaio 2007

A HISTORY OF VIOLENCE ( A history of violence, CAN 2005)
DI DAVID CRONENBERG
Con VIGGO MORTENSEN,Maria Bello, Ed Harris, William Hurt.
NOIR

Belli,ancora innamorati dopo anni di matrimonio e due figli di cui uno adolescente, non ricchi, i coniugi Tall(Viggo Mortensen e Maria Bello) sembrano una rappresentazione iconica della Famiglia Americana-tipo modello da esportazione : finchè non capita una coppia di serial killers nella tavola calda di lui e la reazione dell'uomo alla violenza non cambia tutto... Tratto da una graphic novel di culto, "A history of violence"(ma "Una storia di violenza" suonava così male?) è un film atipico per David Cronenberg, perchè le scene "forti" non somigliano al suo tipico rappresentare deliri di interiora; però è da sottolineare che ci troviamo di fronte a un film falso-classico, che procede con passo coerente e non accelerato fino alle tre-quattro esplosioni di violenza allucinante e atroce con esatta puntualità. Nonostante la forte traccia drammatica, è un'opera che coltiva un sarcasmo assai sardonico verso la mentalità molto americana della giustificabilità del ricorso alla violenza per la propria causa,e il finale lo conferma,con quella famiglia di nuovo al tavolo di cucina, come prima dell'arrivo della violenza nella sua vita.Cronenberg , abilmente, mette il suo pessimismo intellettuale al servizio di un racconto per certi versi crudele, con un cast molto "in palla": guardate, se ancora avevate delle perplessità su Viggo Mortensen, la vera e propra riassunzione di identità quando "riconosce" il figlio che lo ha salvato da morte sicura arrivando a uccidere. Incassi bassi in America, ma questa conferma che l'uomo è lupo davanti agli altri uomini, si meritava di entrare nella cinquina in corsa per gli Oscar.
QUEI BRAVI RAGAZZI ( Good Fellas, USA 1990)
DI MARTIN SCORSESE
Con RAY LIOTTA, ROBERT DE NIRO , Joe Pesci, Lorraine Bracco.
DRAMMATICO
Un film in cui Scorsese da'un taglio personalissimo alla storia di un clan di piccoli mafiosi che sgozzano i nemici e poi vanno a mangiare la pastasciutta da mamma'. Le vita dei mafiosi di Scorsese scorre tra canzoni d'epoca,taglieggiamenti,esplosioni di violenza talmente realistiche da urtare,e il regista di "Taxi driver",forte di dello strabiliante montaggio di Thelma Schoonmaker utilizza una sapienza registica al limite del virtuosismo. Meritato l'Oscar assegnato a Joe Pesci : il suo Tommy è un gangster psicopatico attraversato da una vitalita' elettrica, una versione italoamericana del migliore James Cagney.E altrettanto bravi sono Ray Liotta, Robert DeNiro, Lorraine Bracco e Paul Sorvino. Dopo il complesso "L'ultima tentazione di Cristo", un po'ostico ma fondamentale nella filmografia scorsesiana, l'autore realizza con questa un'opera di grande intelligenza,forse leggermente troppo lunga, che ha il dono di un'arguta ironia ad aggiungere pregio a un'analisi spietata del mondo della mafia, evitando accuratamente ogni giustificazione delle azioni degli "uomini d'onore". Guardate, ad esempio la scena del bar dove Joe Pesci e DeNiro massacrano a pugni e calci il rivale che poco prima ha preso in giro il primo : un capolavoro di tensione e una lucida presentazione dei personaggi per quello che sono. Un film che è un apologo,e un saggio allo stesso tempo .
KING KONG ( King Kong, USA 2005)
DI PETER JACKSON
Con NAOMI WATTS, ADRIEN BRODY, JACK BLACK, Jamie Bell.
FANTASTICO/AVVENTURA

Film della vita per Peter Jackson, che, forte dei trionfi della trilogia tolkeniana, dei suoi incassi miliardari e degli Oscar vinti, ha rilanciato con un secondo remake del grande classico di Schoesdack & Cooper che dai primi anni Trenta è lì a fornire ispirazione ai cinefili appassionati di fantascienza : e, come è accaduto a tanti altri autori di cinema, poteva rivelarsi un entusiastico passo falso per l'autore di "Creature del cielo", realizzare il proprio sogno dandogli i contorni di un canonico lungometraggio. Ma il neozelandese ha rielaborato il canovaccio sempiterno dell'originale e vi ha inserito una forsennata serie di citazioni da altro cinema, riuscendo in un'amalgama che ha del mirabile, e restituendo in più momenti la pura dimensione fiabesca a questa avventura al massimo formato. Il Kong per niente antropomorfo , protagonista di questo kolossal opportunamente riambientato nell'epoca del primo film, è forse la più carismatica rappresentazione della creatura regnante su Skull Island: e il rapporto che instaura con la bionda Ann Darrow è , fuori dalle connotazioni erotiche dei suoi predecessori, una relazione paritaria e affettuosa, anomala per un essere obbligato da sempre a distruggere tutto l'"Altro" per sopravvivere. Jackson concede ,dopo un bellissimo sopraggiungere dell'alba, una "Morte dolce" al suo gigante coraggioso: e , nonostante la chiosa-citazione ulteriore del "King Kong" anteguerra, dimostra una volta in più che i grandi guerrieri sono destinati ad essere vulnerati e vinti dalla Donna propagatrice di tenerezza, unica cosa da cui nessuna corazza può proteggere il cuore .
MEMORIE DI UNA GEISHA ( Memories of a geisha, USA 2005)
DI ROB MARSHALL
Con ZHANG ZIYI , Michelle Yeoh, Gong Li, Ken Watanabe.
DRAMMATICO

Passato di mano da Steven Spielberg, che ha voluto comunque produrlo, al regista fresco di Oscar per "Chicago" , Rob Marshall, "Memorie di una geisha" è tratto da un bestseller datato 1997, scritto da Arthur Golden:si è sollevata qualche polemica per la scelta arbitraria di aver affidato a tre attrici asiatiche ma non giapponesi i ruoli femminili principali;racconto formazione tutto al femminile(e d'altra parte i personaggi maschili,pur importanti,hanno meno peso narrativamente),il film è tecnicamente molto ben fatto,possiede tutte le caratteristiche del prodotto hollywoodiano da sbarco in grande stile, ma, appunto,finisce per soffrire un pò i limiti di una grande produzione basata su un best-seller,risultando infine discreto ma non appassionante,girato bene ma non coinvolgente,e trasudando una certa superficialità di fondo.Insomma,un bel prodotto di pura confezione,che dà una scorsa molto epidermica a forme di cultura lontane,dando magari a qualche spettatore l'illusione di avergli spiegato rituali complessi e particolari. Delle tre attrici,tutte affascinanti e sensuali,la più in palla è la malese Michelle Yeoh,anche se il suo personaggio,la geisha "buona" che prende sotto la sua ala la protagonista,viene qua e là gestito male dalla sceneggiatura:e la regia di Marshall,che aveva compiuto un lavoro entusiasmante in "Chicago",è compita e professionale, ma senza colpi d'ala .
CACCIA A OTTOBRE ROSSO ( The hunt for the Red October, USA 1990)
DI JOHN MCTIERNAN
Con SEAN CONNERY, ALEC BALDWIN , Scott Glenn, Joss Ackland.
AVVENTURA
Sean Connery e' il magnifico comandante Marko Ramius che comanda il sommergibile atomico "Ottobre rosso", in fuga verso l'Occidente. Il possente mezzo si trova tra due fuochi : gli americani temono un attacco a sorpresa e i russi che effettivamente Ramius voglia consegnare al nemico la terribile arma. Diretto,con bravura tecnica e narrativa da John Mctiernan, questo kolossal d'avventura tratto da un best-seller di Tom Clancy cattura l'attenzione dello spettatore e la mantiene viva per piu'di due ore. Per essere un film ambientato per nove decimi su un sottomarino, ha un suo ritmo abbastanza incalzante, e alcuni personaggi elaborati meglio del solito per il genere. Ambientato negli ultimi anni della Guerra Fredda, "The hunt for the Red October" negli anni potrebbe ambire a diventare un titolo da elenco dei classici di genere.

martedì 30 gennaio 2007

LE CRONACHE DI NARNIA- IL LEONE, LA STREGA E L'ARMADIO
( Cronichles of Narnia: the Lion, the Witch and the Wardrobe, USA 2005)
DI ANDREW ADAMSON
Con GEORGIE HENLEY,SKANDAR KEYNES, WILLIAM MOSELEY, Tilda Swinton.
FANTASTICO
Finita la salva de "Il signore degli anelli", a un punto di inevitabile rallentamento la serie di "Harry Potter", il fantasy sul grande schermo,visto che le platee apprezzano, ha bisogno di nuova linfa vitale: ed ecco la Disney pescare dalla letteratura inglese del dopoguerra la saga di "Narnia", ad opera del contemporaneo di Tolkien, C.S.Lewis. Al di là della considerazione che , essendo scritta nei primi anni Sessanta, è ovvio che i malvagi vivano e sterilmente prosperino tra il gelo e le nevi (presente la leggiadra metafora "distensionista"?); ma la cosa che più appare evidente, è che se Tolkien aveva ricreato un cosmo che, sì, attingeva da mitologie classiche e meno, qui siamo dinanzi a un ciarpame stratosferico, un megamescolamento in cui ciclopi,sirene,centauri si mischiano ai nani maligni delle leggende nordiche e alla regina delle nevi di anderseniana memoria, con surplus di Babbo Natale e misteriosi lampioni, sciarpe e ombrelli in lande fuori da ogni tempo. Prodotto con mezzi costosi ,"Le cronache di Narnia" tira fuori tutto il proprio armamentario salvandosi appena nelle sequenze di pura azione, ma gli manca del tutto il magico delle pagine dell'avventura degli Hobbit, e del poderoso lungometraggio diviso in tre che Jackson ne ha tratto. Confrontate,ad esempio, le similari scene del sopraggiungere di Gandalf e i cavalieri di Rohan ne "Le due torri" e quella in cui il leone Aslan ritorna all'attacco con nuove truppe in questo: lì c'è un momento di cinema memorabile, qui appare come qualcosa di già visto e scontato. Premiato maggiormente dagli incassi rispetto a "King kong" terza versione, questo dispendioso ma vacuo rodomonte teoricamente più adatto ai piccoli (ah sì? e il Babbo Natale che dispensa armi taglienti? e il castorino che incita il biondo e maggiore dei fratelli in uno scontro a suon di "Sgozzalo!") lascia senz'altro un'orma più fatua.
NATALE A MIAMI ( I 2005)
DI NERI PARENTI
Con MASSIMO BOLDI, CHRISTIAN DE SICA , Massimo Ghini, Vanessa Hassler.

Oddio non so che fare, diceva una canzone di Luca Carboni di qualche anno fa, e probabilmente è quello che ppare nelle menti degli sceneggiatori del film di Natale della Premiata Ditta Panettoni di Celluloide: confermati i primattori (e si sa,era l'ultima volta insieme...), scelta la località, si parte con situazioni di comodo come sempre, si piazza qualche bella manza da sbarco, e poi? Perchè, effettivamente,"Natale a Miami",nella primissima parte, qualche risata la ottiene, e i ragazzi più Boldi ,specialmente l'estrapolato livornese da "Stracult" hanno qualche buon momento:e De Sica, pur scimmiottando l'inarrivabile papà,con gigioneggiamenti da mestierante pratico, risulta più gradevole del solito.Però,giunto a un certo punto, in cui la vena ridanciana si fa ansante, Parenti e i due cosceneggiatori la buttano sul triviale(l'intera sequenza a casa del serial-killer, che vede il duo Boldi-De Sica riunito, è da buttare o quasi), ogni mezza parola ci sono due parolacce (in vetta a questa girata mi pare ci sia "passere", ma anche "trombala" è lì lì)e si arriva ai titoli di coda con un pò di uggia . La Premiata Ditta si disunisce ,così dall'anno seguente ce ne becchiamo due , il CinePandoro, e il CinePanettone, e tutti contenti, specialmente gli esercenti.
LA MOSCA ( The fly, CAN 1986)
DI DAVID CRONENBERG
Con JEFF GOLDBLUM , Geena Davis, John Getz, Leslie Carlson.
FANTASCIENZA/HORROR
A qualcuno parra'strano, ma "La mosca", con il suo spesso impressionante carnet di ossa che bucano la carne,vomito corrosivo, parti di corpo umano che si staccano e sangue a profusione, e'in realta'una straziante fiaba nera sull'Amore. Si', perche' la storia dello scienziato di genio ma troppo ambizioso Jeff Goldblum che si tramuta in ibrido meta'umano e meta'insetto , che attraversa un sequenziale e crescente orrore porta a riflessioni profonde sulla natura del sentimento piu'bello . Jeff Goldblum,la bella giornalista Geena Davis e l'editore John Getz sono uniti da un triangolo d'amore e morte, usciranno tutti mutati, nel fisico e nello spirito dalla pazzesca esperienza che narra il film di Cronenberg,e dovranno sacrificarsi in qualche modo per chi amano davvero : e'un film fantastico strano , che sconfina nell'horror del tipo piu'splatter, ma puo'essere letto come una grande tragedia postmoderna. E il mostro che Goldblum diventa si lascia odiare per la bestiale crudelta'che esercita, ma riscuote un moto sincero di pieta'dallo spettatore che lo fa diventare un personaggio indimenticabile.Un grande film , forse non troppo capito per cio'che in realta'e'.
LORD OF WAR ( Lord of war, USA 2005)
DI ANDREW MCNICCOL
Con NICOLAS CAGE , Jared Leto, Ethan Hawke, Bridget Moynahan.
DRAMMATICO
Andrew Niccol ,già sceneggiatore interessante , arriva alla terza regia con il merito di scegliere sempre soggetti degni di nota, con interrogativi morali o perlomeno stimolanti la discussione, con una vena nemmen tanto oscuramente critica verso la società. Peccato che tutti e tre i suoi film da regista comincino predisponendo molto bene lo spettatore, e consumando troppo presto la spinta dell'interesse suscitato in un dipanarsi della trama a volte non lineare, qua e là prolisso, per chiudersi in modo non del tutto convincente. L'amaro e cinico finale di "Lord of war" arriva forse troppo tardi a risollevare un film che , pur apprezzabile,non sa essere nè d'azione nè di denuncia pura, salvo ritrovare un pò di spirito caustico nell'autodifesa alla monsieur Verdoux del protagonista, russo trapiantato in America con successo. Nicolas Cage recita qui in una chiave a metà con la rassegnazione a se stesso e l'abile intraprendenza adeguate al personaggio, convince meno il duello portato avanti per anni con l'agente FBI Ethan Hawke: quando si conclude, rimane un pò di perplessità per il gran film che avrebbe potuto essere e non è stato.
MATCH POINT ( Match point, USA 2005)
DI WOODY ALLEN
Con JONATHAN RHYS-MEYERS , Scarlett Johansson, James Nesbitt, Brian Cox.
DRAMMATICO

Film di svolta, forse, per Woody Allen, dopo qualche anno in cui la sua caratteristica prolificità sembrava dar segni di cedimento, con qualche giro a vuoto, e qualche ripetizione : "Match point" è un dramma a fuoco lento , che è praticamente un racconto morale falsamente ammantato di amoralità. In una società iperclassista, del tutto divisa in caste e categorie, con scarse possibilità di scalate per chi viene da "sotto", l'ambizione annullatrice di scrupoli e priva di ogni forma di trattenimento viene premiata anche a scanso di rovesci di fortuna, beffando pure l'imparzialità del Caso. Ambientato in una Londra à la page, con protagonisti belli e male educati, nello schietto senso di avvezzi a un culto materialista e senza spessore umano, il film soffre, purtroppo,un eccessivo minutaggio che nella seconda parte specialmente appesantisce la pur godibile visione. E'chiara l'influenza della Highsmith della saga criminosa di Tom Ripley, ma il rimando che sorge più immediato è "Un posto al sole", in cui l'arrampicatore Montgomery Clift lasciava morire annegata l'innamorata proletaria per sposare una ragazza ricca; muta , per chi lo conosce, lo stile registico di Allen, abbandonando i quadri fissi che ha sempre amato, per donare a questo lavoro una regia più "tecnica". Interessante apologo su un'era in cui la volgarità d'animo è salita a codice comportamentale, eppure non è il capolavoro dell'autore che qualcuno ha già indicato.
BLOW-UP ( Blow-up, I/GB 1966)
DI MICHELANGELO ANTONIONI
Con DAVID HEMMINGS, VANESSA REDGRAVE, Jane Birkin, Sarah Miles.
DRAMMATICO

Un film che fa dell'ambiguita', anche narrativa, la propria ragion d'essere e anche la propria vena espressiva. In una Londra di meta'anni Sessanta felicemente "fotografata", Antonioni ambienta un thriller bizzarro che a conti fatti parla della relativita'della realta',e sul come e quanto percepiamo davvero.Pedinando un fotografo à la page, il biondo David Hemmings, di natura cinica e superficiale, che coglie un barlume di verita'nello spingersi a cercare di far luce su un omicidio di cui forse ha negativi di prove, l'autore di "Professione:reporter" teorizza una lettura forzatamente inesatta, e quindi non attendibile dell'essere umano di fronte alla concreta realta'delle cose. I dialoghi sono scarni, l'ambientazione appunto indovinatissima è pero'anche il limite maggiore di un film che soffre una troppo precisa collocabilita'temporale, e che sicuramente ha avuto un effetto ben piu'dirompente alla sua uscita nelle sale. E i mimi che aprono e chiudono il film, davanti a uno sbigottito Hemmings, sono forse una metafora del tentativo di riprodurre la vita, e la realta',loro come la fotografia che puo'catturare solo un aspetto di cio'che vorremmo facesse rivivere.Lento, a tratti ipnotico, "Blow up" è comunque un pezzo di cinema rimasto negli annali, con merito.
IN OSTAGGIO ( The clearing, USA/D 2004)
DI PIETER JAN BRUGGE
Con ROBERT REDFORD,WILLEM DAFOE, Helen Mirren, Alessandro Nivola.
THRILLER


Solitamente, i produttori che decidono di passare alla regia, pur con tutta la dedizione e la passione possibili, non fanno buoni film:è successo molte altre volte, è capitato anche questa volta con l'olandese J.Pieter Van Brugge, che ha scelto un "kidnapping thriller" per diventare regista. Eppure mette insieme un cast con almeno tre attori di sicuro valore, e il confronto tra rapito, un business-man con qualche macchia oscura nella vita privata, e il rapitore, un rancoroso professionista che imputa all'altro molte cose che non vanno nella sua, potenzialmente poteva risultare interessante. Invece il film soffre una regia abbastanza piatta, che non sviluppa la giusta tensione tra i due protagonisti, e non gioca come si deve la carta dello sbalzamento di tempo tra i due tronconi del racconto. Tra le righe, un abbozzo di una sfida classista, ma "In ostaggio" non riesce quasi mai a funzionare come film di suspence, figuriamoci come pamphlet serio. E del trio di interpreti, tra Redford quasi sempre fuori tono, e Dafoe curiosamente appannato in un ruolo ambiguo, la spunta Helen Mirren,che , nonostante vistose smagliature di sceneggiatura circa il suo personaggio, fa miracoli e lo rende un carattere interessante .
LADY VENDETTA ( Chin-jeol-han Geum ja-sshi, SKOR 2005)
DI CHAN-WOOK PARK
Con Kim Shi-hoo, Lee Yeong-ae, Lee Seung-Shin, Kim Bu-seon.
NOIR
Piccolo ma consistente fenomeno da poco emerso nella cinematografia mondiale, la trilogia iniziata con "Simpathy for Mr.Vengeance", proseguita con "Old boy", si conclude con questo "Lady Vendetta": un film complesso, elegantissimo e crudele nella messa in scena, che tratta di passioni pesantissime da sostenere, come un amore materno motivo dell'auto-incolpamento della protagonista, trascinatore all'inferno e risollevatore , nel sangue, al compimento di ogni vendetta, eppure piazza tra le righe improvvisi tocchi di umorismo surreale quasi folli in un contesto in cui la punizione per chi ha compiuto il male è un punto d'arrivo imprescindibile. Aperto da una sequenza splendida e sinuosa di titoli di testa, il film è visivamente incantatore quanto cruento in ciò che racconta, estrapolando il motivo centrale e lo snodo finale da un classico del giallo come "Assassinio sull'Orient-Express", e arrivando comunque a una non pacificazione per chi ha compiuto il proprio assunto di vendicatore. E la tesi è discutibile , alcuni tratti del racconto sono quasi odiosi,ma è uno dei titoli più interessanti delle ultime stagioni .
BLADE RUNNER ( Blade runner, GB 1982)
DI RIDLEY SCOTT
Con HARRISON FORD , Rutger Hauer, Sean Young, Daryl Hannah.
FANTASCIENZA/NOIR
Sono anche io tra quelli che amano di piu' la prima versione presentata,quella con commento "noir" e finale in piena luce, sara'per una mia soffocata vena conservatrice di fondo, ma come mi è accaduto anche per "Apocalypse now redux", non ho potuto fare a meno di constatare che la versione che ho visto per prima è quella a cui sono affezionato. Poliziesco futuribile con motivi filosofico-esistenziali, "Blade runner" è uno dei titoli piu'fascinosi, ricchi di spunti per nuovo cinema da fare, splendidamente congegnato e interpretato, e con tanti motivi d'ispirazione ( a volte anche di plagio) per altri cineasti. Forse la scena piu'adatta a definire il film di Scott, fondato su un racconto lungo di Phillip K.Dick, è quella in cui Rick Deckard insegue la replicante Zora: con il sottofondo sonoro di un semaforo vocale che ripete incessantemente "Passare oltre", l'investigatore rincorre e uccide la donna-cyborg, ma sara'un atto doloroso, una violenza forzata, e la bella androide muore assomigliando a una farfalla che sbatte inutilmente le ali. L'amore imprevedibile tra l'ex-poliziotto e la replicante "atipica" Rachel, il conflitto e l'inatteso risolversi dello scontro tra il protagonista e il capo dei replicanti Roy Baty, una citta', la Los Angeles del 2019 oppressa da insegne luminose di pubblicita'schiaccianti e una pioggia interminabile figlia di una notte infinita.Un film bellissimo, anche per come si apre e si chiude : nel primo caso, Deckard fermo, fuori tempo, che legge,in mezzo a una folla anonima che procede in silenzio come uno sciame di insetti, e il correre via su un'auto volante verso la luce con unica spinta propulsiva un'ipotesi di nuova vita costruita su un punto interrogativo.Forse il capolavoro di Scott,cineasta di gran talento ma a volte un po' deconcentrato.
NASCOSTO NEL BUIO ( Hide and seek , USA 2004)
DI JOHN POULSON
Con ROBERT DENIRO ,DAKOTA FANNING ,Connie Nielsen, Elizabeth Shue.
THRILLER
cosa è successo a Robert DeNiro?Da quanti anni non ci appassiona più, non sceglie di interpretare ruoli e film all'altezza del suo straordinario talento? Personalmente il grande attore di "C'era una volta in America" non lo vedo più in palla da "Terapia e pallottole", e si parla di una pellicola di otto anni fa."Nascosto nel buio" prosegue quest'arco declinante , mostrando il divo svogliato, senza verve o alcuna personalizzazione della parte di un padre vedovo alle prese con un amico immaginario della figlioletta che forse uccide chiunque si avvicini troppo ai due, lasciando intendere che anche questa è la prova sfiancata di un grandissimo dello schermo ridotto a mestierante. Lo dico proprio perchè ne ho amato tantissimo il lavoro, come lo direi a un grande dello sport: perchè non chiudere in bellezza, e semmai ritirarsi se non si ha più convinzione o voglia di giocare ( appunto,"playing", comunque) ? Caro Robert, così no, viene una tristezza tremenda a vederti in questo stato : e la regia bolsa di John Polson( forse è un gioco di parole, ma così mi è venuto) non aiuta, una sceneggiatura che forse si ritiene troppo sicura dei colpi di scena in serbo (si fa per dire...) abbozza dei dialoghi tirati via su una trama che non ha altro scopo di giungere al finale.Tra l'altro,abbastanza banale e prevedibile. Può bastare?

lunedì 29 gennaio 2007

FLASH GORDON (Flash Gordon, USA/GB 1980)
DI MIKE HODGES
Con SAM JONES ,Dayle Haddon, Max Von Sydow, Ornella Muti.
FANTASCIENZA/AVVENTURA
Un mondo, anche se non il nostro, tutto di cartone. Un eroe che tutto sembra fuorche'molto sveglio.E un sacco di bei nomi, anche nello staff tecnico, abbastanza fuori posto. Ogni personaggio ha il sangue di un colore diverso (verde, rosso, blu e nero), l'artificio si mostra in ogni dove, e Mike Hodges non pareva proprio un gran regista .Certo, si vede che DeLaurentiis tiro'fuori diversi soldi, ma non spesi bene . E se la sceneggiatura si fa spesso balzana, sono troppo poche le sequenze davvero riuscite, vedi il duello sulla piattaforma dal fondo della quale si erigono aculei mortali e retrattili. La fantasia dei fumetti di Raymond, grande precursore di molta fantascienza realizzata dopo, non trova qui degna espressione . E se decidessero, prima o poi di farne un remake piu'riuscito?
INNAMORARSI A MANHATTAN (Little Manhattan, USA 2005)
DI MARK LEVIN
Con JOSH HUTCHERSON , Cinthya Nixon, Willie Garson, Bradley Whitford.
COMMEDIA

Ve la ricordate la prima "sbandata"? Sì, quella che intorno agli undici-dodici anni arriva come un turbine a spiazzare tutto, e a mandare in tilt il sistema di giochi-scuola-babbomamma-amici, per una/o ragazzina/o? Ecco,"Little Manhattan" è nè più nè meno la cronaca in chiave di commedia di una forte sbandata per una compagna di karate per il ragazzo protagonista: poteva venirne fuori un tripudio di melassa, una scemerella e banalissima pellicola da fruire esclusivamente via dvd o nei palinsesti più flosci delle pay-tv, e invece ci troviamo di fronte a un "filmettino" per ragazzi dal tocco gentile, e dalla sensibilità non banale. Non mancano le citazioni del cinema "grande"( gustosa quella da "Il laureato"), e la regia e la sceneggiatura riprongono le sensazioni che si provano a quell'età, come riuscì,in versione drammatica, a Sofia Coppola ne "Il giardino delle vergini suicide". E,oltre a un omaggio al "Manhattan" alleniano in prefinale, con la corsa dell'innamorato contro ogni razionale congettura, il film ha il merito di una conclusione agrodolce che ha il valore di un passaggio d'età. Una piacevole sorpresa.
CABIN FEVER ( Cabin fever, USA 2002)
DI ELI ROTH
Con JORDAN LADD,CARINA VINCENT, JOEY CERN, RIDER STRONG.
HORROR

Negli anni Settanta prese piede il genere horror inquadrando nettamente la fascia di pubblico cui si rivolgeva, quei giovani che accorrevano entusiasti a veder andar incontro a bruttissima fine i loro simili sullo schermo : falsamente giovanilista, il teen-horror era inconsciamente (almeno i primi tempi) per una restaurazione dei valori classici all-american e tendenzialmente reazionario. Passato oggi per remakes, e influenze asiatiche, ha ritrovato spinta commerciale con nuovi macelli collocati in località fetide ("Saw" e "Hostel") o al solito ponendo la piccola comunità di ragazzi in vacanza nelle grinfie di una minaccia assassina. "Cabin fever", esordio dell'Eli Roth che quattro anni dopo centrerà una certa affermazione con il citato "Hostel" ha una fotografia curata, cita apertamente il primo Romero imbastendo una scena finale che rimanda a quella de "La notte dei morti viventi",e mette su un soggetto a metà tra Stephen King e Michael Crichton con un misterioso morbo che porta a una rapida decomposizione chiunque venga a contatto con l'acqua di un fiume contaminato. Qualche affondo ributtante, dialoghi abbastanza stinti, prevedibilità padrona di tutto, e una scarsissima simpatia degli interpreti concorrono a rendere "Cabin fever" una pellicola difficile da inserire in un'antologia.
IL PAZIENTE INGLESE ( The english patient, USA 1996)
DI ANTHONY MINGHELLA
Con RALPH FIENNES , KRISTIN SCOTT THOMAS , Juliette Binoche, Willem Dafoe.
DRAMMATICO

Forse hanno avuto ragione i francesi di "Premiére" quando lo hanno definito un filmone come non se ne fanno più. Senza spellarsi le mani,e senza tenere conto della anche eccessiva incensazione alla notte degli Oscar di quella stagione che lo premiò per ben nove volte, va detto che "Il paziente inglese" non manca d'interesse. A parte un paio di situazioni forzate, il film di Minghella , che forse non sfrutta a dovere il buon cast a disposizione, si fa forte di un romanticismo che amalgama senza paura Amore e Morte, quasi a sostenere che non possono esistere l'uno senza l'altra, o che non se ne possa capire appieno l'importanza se non c'è un confronto diretto. Ralph Fiennes è un bravo attore, ma in questo film non era da nomination, così come un pò stucchevole risulta alla fine Juliette Binoche : molto più convincente Kristin Scott Thomas, e comunque spicca su tutti Willem Dafoe, tra l'altro unico nemmeno candidato alla statuetta, che dà una connotazione tra il serafico e il rabbioso al ladro morfinomane Caravaggio. A tratti prevedibile ,"Il paziente inglese" riscuote il proprio successo nelle lacrime che sul finale fanno capolino sulle guance di molti spettatori
LA DONNA PERFETTA ( The Stepford wives, USA 2004)
DI FRANK OZ
Con NICOLE KIDMAN , Matthew Broderick, Glenn Close, Christopher Walken.
COMMEDIA/FANTASTICO
Remake di un film più o meno dimenticato degli anni Settanta, a sua volta tratto da un romanzo dell'Ira Levin di "Rosemary's baby","La donna perfetta" o, in originale,"Le mogli di Stepford" è la classica montagna che partorisce un topolino : un regista con alle spalle diverse commedie di successo ( anche se spesso un pò banali in proporzione all'argomento sollevato), una confezione costosa, e numerosi attori importanti nel cast . Ma la consistenza di questa commedia teoricamente derisoria di un'ottica maschilista frustrata da ometti insipidi è vicina a quella della schiuma del bucato , certe capriole in sceneggiatura sono davvero troppa roba da accettare, vedi il finale dove il marito della protagonista agisce da deus ex machina a risolvere le cose, la frettolosa (e cialtrona) spiegazione di come funziona Stepford, e due-tre buone battute messe a casaccio nel copione non compensano la pallida ironia che pervade l'intera operazione. Un'ora e venti o poco più di cinema di quello che quando lo hai visto, pensi che potevi tranquillamente farne a meno,era uguale.
MUNICH ( Munich , USA 2005)
DI STEVEN SPIELBERG
Con ERIC BANA , Geoffrey Rush, Daniel Craig, Ciaran Hinds.
DRAMMATICO

Incluso nella cinquina dei candidati all'Oscar per il miglior film(cinque nominations in tutto) in un'edizione non particolarmente sfavillante, "Munich" non è piaciuto moltissimo al grande pubblico americano , e ha suscitato,come era ampiamente previsto, polemiche presso la stampa e l'opinione pubblica ebraica : tanto per spiegarsi subito, questo è un thriller d'azione bello, dai ritmi molto confacenti al genere "spy-story" anni settanta, che attinge molto dal mondo impietoso di John Le Carrè, più che un dramma sull'annoso problema israeliano-palestinese. E'il racconto, romanzato e ricco di tensioni , della vendetta di stato effettuata dopo il tragico assalto al villaggio olimpico degli atleti israeliani a Monaco 72 : da parte di Steven Spielberg, è un'opera coraggiosamente obbiettiva circa la sensatezza o meno di un conflitto che sembra , soprattutto quando è sul punto di una svolta più pacifica, vedi l'omicidio di Rabin,l'ictus di Sharon e la recente vittoria di Hamas alle elezioni palestinesi, sempre più complicato da risolvere, quasi a confermare un'inestinguibile lotta all'ultimo sangue. Cinematograficamente parlando, sono esemplari, per tenuta di suspence e forza di regia almeno un paio delle "trappole" messe a punto dal commando capitanato da Eric Bana : e , su un piano di riflessione, la cosa più inquietante è l'ipocrisia manifesta del personaggio della madre dello stesso agente protagonista, fiera e solidale verso una logica adunca di nazionalismo espansionista, che si perita però di non sapere come venga mantenuto lo status quo. Nel gruppo di attori , fanno buona figura un pò tutti, con un appunto per il doppiaggio un pò monocorde di Eric Bana da parte di Claudio Santamaria.
AMADEUS ( Amadeus, USA 1984 )
DI MILOS FORMAN
Con F.MURRAY ABRAHAM, TOM HULCE, Mary Elizabeth Berridge, Jeffrey Jones.
DRAMMATICO

Chi ha letto il dramma di Peter Shaffer o è andato a vederlo a teatro, notera'come il tono usato dal commediografo, molto ironico in varie parti, sia tutto sommato incattivito nella versione cinematografica che ne ha dato Milos Forman. Otto premi Oscar vinti, un grande successo di pubblico e interesse ravvivato per il personaggio di Wolfgang Amadeus Mozart : un'opera cinematografica sontuosa, curatissima sia dal punto di vista tecnico che nell'ambientazione, usando una Praga resa in modo da ricordare la Vienna del periodo narrato.Forman, che è uomo comunque incline a immettere umorismo anche dentro i drammi piu'accesi, porta la contrapposizione Mozart-Salieri equivalendola a Talento-Ambizione, sottolineando che se manca il primo, la seconda puo'essere pure smisurata, ma non riesce a ottenere le stesse cose. E intinge nella malignita'l'Antonio Salieri livido di F.Murray Abrahams, come decora di gioiosa volgarita'lessicale il Mozart di Tom Hulce : straordinario il finale, con il sacerdote venuto a confessare l'ex-compositore di corte invecchiato e divenuto completamente pazzo, schiacciato dalla follia del ricoverato al manicomio, il quale si autoelegge nume protettore dei mediocri del mondo. Un grande spettacolo fondato forse su un falso storico non confermato.
TI AMO IN TUTTE LE LINGUE DEL MONDO ( I 2005)
DI LEONARDO PIERACCIONI
Con LEONARDO PIERACCIONI ,Marjo Berasategui, Giorgio Panariello, Massimo Ceccherini.
COMMEDIA
Il Natale senza panettone è cosa strana da noi,e al cinema (ma fateci caso,nei listini delle case di distribuzione ha più peso Gennaio...) come può mancare il corrispondente di celluloide,che siano le grevi comiche di Parenti-Boldi-De Sica o il più zuccherato sentimental-comico di Pieraccioni Leonardo? Il racconto,a detta dell'autore, è più corale del solito,ma è un discorso abbastanza relativo,perchè i personaggi di contorno , in un film che ripesca le facce tradizionali dell'attore e regista fiorentino, sono caratteri , e spessore ne hanno solo in tre (a esagerare) . Però dire che "Ti amo in tutte..." è proprio brutto sarebbe sleale, c'è modo di farsi due risate, anche se lo schema è il risaputo tiraemolla sentimentale, l'arpeggio ruffiano di chitarra accompagna ogni cambiar di scena, la recitazione di parecchi non è eccelsa, e più di qualche battuta è molto telefonata.Si sa, bisogna ogni tanto concedersi un pò di relax, pure in sala cinematografica, e le commediole di Pieraccioni ( esclusi i peggiori , "Il pesce innamorato" e "Il paradiso all'improvviso") sono tutt'al più inoffensive, anche se sembrano ambientate in un mondo irreale e ultrabuonista, in cui i massimi motivi di raccapriccio e di infelicità sono un paio di corna;per carità,mica sono cosa che fanno piacere, ma ci avete fatto caso che non c'è mai qualcuno che legga il giornale o parli di quel che succede fuori dalla storiella specifica narrata ogni volta?
APOCALYPTO (Apocalypto, USA 2006)
DI MEL GIBSON
Con RUDY YOUNGBLOOD ,Dalia Hernandez, Morris Birdyellowhead, Jonathan Brewer.
AVVENTURA/DRAMMATICO
Non sono passati neanche tre anni dal clamore suscitato da "La passione di Cristo", ed ecco che Mel Gibson torna a far scalpore con un film avventuroso che ha sullo sfondo la decadenza finale dell'impero Maya,con una lotta per la sopravvivenza che non lesina scene molto violente: accolto in maniera varia dalla critica mondiale, "Apocalypto" ( titolo che indica appunto l'Apocalisse, ma personalmente credo che sia più nel senso di "rivelazione",come si può constatare nel finale...) ha avuto minor impatto del titolo citato al box-office,ma va considerato anche l'argomento al centro delle storie; se Gibson ha scelto di realizzare questo film per parlare metaforicamente dell'oggi, rapportando gli Stati Uniti all'impero Maya, il film va letto come una crititca aspra e pessimistica,ad un sistema di potere che ha bisogno di annullare comunità più piccole per tenersi in vita. Diversi studiosi si sono schierati contro la quarta regia di Mel Gibson contestandone la veridicità storica, personalmente ritengo,come già successe all' "Alexander" di Stone, che buona parte dei recensori avesse già scelto di stroncarlo a priori : il film evidenzia una volta di più l'ambigua tendenza del divo-regista australoamericano a perseguire l'effetto shock, con qualche gratuità in più del necessario a mostrare sangue e carne martoriata. Però, se il cinema piace, una pellicola avventurosa come questa non può lasciare indifferenti . La lunga sequenza finale della caccia all'uomo sono mezz'ora abbondante di cinema d'azione di alta qualità, con un utilizzo dell'immagine e dei suoni che può fare a meno delle parole, la cura nel porre la macchina da presa a tentare continue possibilità del "guardare" valorizzano il talento del "metteur en scène" Gibson : e se il messaggio parrebbe essere che la Storia è sempre pronta a rivelarsi sempre peggiore,nonostante le aspettative degli uomini, è altrettanto evidente che l' animale Uomo riesce benissimo nell'esercizio della distruzione della propria specie.

domenica 28 gennaio 2007

WALL STREET ( Wall street, USA 1987)
DI OLIVER STONE
Con CHARLIE SHEEN,MICHAEL DOUGLAS,Daryl Hannah, Martin Sheen.
DRAMMATICO
Venuto dopo la vittoria agli Oscar di "Platoon", accaparratosi comunque la statuetta per il miglior protagonista, Michael Douglas, "Wall Street", fors'anche più di "Salvador" è probabilmente il film di Stone dall'impianto più classico. Dramma etico sul potere della corruzione, la quarta regia dell'antico sceneggiatore di "Scarface" è un film discreto, non memorabile, sostanzialmente non dice niente di particolarmente inedito sul mondo della finanza e della vendita dell'anima per carrierismo puro : gode molto del buon apporto degli attori, specialmente Michael Douglas, magnetico squalo distruttore d'altrui fortune, e Martin Sheen, onesto sindacalista dai principi all'antica. Peccato che il film si concluda in modo moralista, forse gli avrebbe giovato maggiormente un pò di sarcasmo.