lunedì 30 giugno 2008

THE HOURS ( The hours, USA 2002)
DI STEPHEN DALDRY
Con NICOLE KIDMAN, JULIANNE MOORE, MERYL STREEP, Ed Harris.
DRAMMATICO

Candidato a nove statuette per gli Oscar 2003, ha vinto quello per la migliore interprete principale, assegnato a Nicole Kidman.Diretto dal regista lanciato dal grande successo di "Billy Elliot",Stephen Daldry,questo lungometraggio ruota attorno alla figura di Virginia Woolf,celebre scrittrice controcorrente:la impersona una poco riconoscibile Nicole Kidman,"abbefanata" appositamente per entrare nei panni della letterata.Le fanno corona Julianne Moore,casalinga depressa e fortemente insoddisfatta negli anni Cinquanta delle case a bomboniera,e Meryl Streep,editrice lesbica nella New York dei giorni nostri.Dei tre segmenti,che si intrecciano spesso,il piu'riuscito è quello moderno,ottimamente interpretato soprattutto da una splendida Streep,magnifica nell'elaborare un ruolo cosi'complesso,e lo scrittore malato di AIDS Ed Harris,fragilissimo e disperato(sara'la volta buona per l'Oscar?);e interessante,anche per certe soluzioni visive è la parte con la Moore al centro,di cui rimane impressa particolarmente la scena in cui lei "affoga" nella sua camera d'albergo,e acque limacciose la sommergono.Mentre approssimativo,e troppo compiaciuto della sua matrice letteraria è la parte con la Woolf come protagonista:Nicole Kidman non è qui assolutamente da premio oscar,e la sua interpretazione consiste nel mettersi una maschera dolente,salvo uno sfogo di antichi rancori alla stazione.Daldry è bravo ,senza dubbio,queste storie di solituidini troppo pesanti da condividere sono rese bene,ma "The hours" tradisce piu'di una volta le aspirazioni da cinema "alto" che non sempre riesce ad essere.

venerdì 27 giugno 2008

THAT'S AMORE!Due improbabili seduttori
(Grumpier old men, USA 1996)
DI HOWARD DEUTCH
Con WALTER MATTHAU, JACK LEMMON, Sophia Loren, Ann-Margret.
COMMEDIA

Si viaggia sul velluto,a livello d'interpreti,con la collaudatissima coppia Lemmon-Matthau,che strappa sorrisi anche in questo sequel di "Due irresistibili brontoloni".Si cambia alla regia,con il non originalissimo Howard Deutch,che è uno yes-man di comprovata serietà professionale per le majors:si inserisce la nota romantica anche per il personaggio di Walter Matthau con l'ingresso nel cast della vivace Sophia Loren,italoamericana con la quale il piantagrane compare di Lemmon prima quasi si azzuffa,poi si innamora.Qualche trovata carina,un discreto ritmo d'insieme,qualche cosa di già visto.Nel complesso,non è da disdegnare.
CHIAMAMI AQUILA ( Continental divide, USA 1981)
DI MICHAEL APTED
Con JOHN BELUSHI, BLAIR BROWN, Allen Garfield , Carlyn Glynn.
COMMEDIA

Dopo essersi affermato con tre ruoli dirompenti in "Animal House", "1941" e soprattutto "The Blues Brothers", per John Belushi venne il tempo di personaggi più adulti, sfaccettati, lavorando maggiormente sulle sfumature dei caratteri: sia per "Vicini di casa" che per questo "Chiamami aquila", il comico americano di origine albanese fu molto applaudito dai critici, mentre commercialmente nessuno dei due titoli fu un grande successo. Commedia gentile, di ambientazione montana e di aspirazioni umaniste-ecologiste, "Continental divide" è un film che in molti amano, con una storia d'amore tra due persone molto differenti tra loro, che riescono a trovare un compromesso finale che fa sì che lo spettatore si affezioni alla pellicola di Apted. Belushi e la sua rivale-complice-parter Blair Brown caratterizzano egregiamente i loro personaggi, il film si lascia ricordare per la sua piacevolezza, e rimane un pò di rimpianto per un interprete con un grande potenziale , espresso certo nelle poche pellicole in cui lo abbiamo visto, ma che si stava ulteriormente raffinando e lasciava intravedere belle prospettive per grandi interpretazioni.

giovedì 26 giugno 2008

L'INCREDIBILE HULK ( The incredible Hulk, USA 2008)
DI LOUIS LETERRIER
Con EDWARD NORTON, Liv Tyler, William Hurt, Tim Roth.
FANTASTICO/AZIONE

Di solito le testate a fumetti esordiscono con un numero "zero". Come bisogna considerare appunto il film precedente di Ang Lee con Eric Bana, se qui cambiano, oltre che regista e interpreti, pure la caratterizzazione del gigante di giada, la sceneggiatura sforna un prologo in cui viene riconsiderata l'origine di Hulk, cancellando completamente tutta la storia del precedente. Affidato al francese Leterrier, che proviene dalla serie "Transporter", questo "nonsequel" la butta decisamente più sull'azione, evitando le riflessioni etico-edipiche del kolossal di Lee, con l'accortezza di mostrare la creatura concepita ai raggi gamma dapprima per dettagli, per farlo esplodere in tutta la sua irruenza furibonda verso metà film. Incompreso e distruttivo, questo Hulk è molto più simile a quello di tante fasi dei fumetti, sia per come lotta anche contro la sua nemesi Abominio, che per la natura errabonda e la tendenza antimilitarista delle sue storie: probabilmente piacerà di più al pubblico del film del 2003, per il suo canovaccio più canonico e la tenuta di ritmo apprezzabile. Se tanto mi dà tanto, l'apparizione finale di un altro importante personaggio di casa Marvel dovrebbe avviare un processo di incroci ( i "crossover" tanto cari alla casa di Stan Lee) che potrebbe generare diversi nuovi kolossal supereroistici. Alla prossima puntata, naturalmente.
MALIZIA ( I, 1973)
DI SALVATORE SAMPERI
Con ALESSANDRO MOMO, LAURA ANTONELLI,Turi Ferro, Angela Luce.
COMMEDIA/EROTICO


Terzo incasso della stagione 72/73 , battuto solo dal doppio Marlon Brando di "Ultimo tango a Parigi" e "Il padrino", il film di Samperi lanciò il mito erotico di Laura Antonelli, tra le regine dei sogni pruriginosi degli italiani: seguito, molti anni dopo da un sequel che tra l'altro causò il deturpamento della splendida attrice istriana, "Malizia" è una commedia satirica in cui serpeggia una forte tonalità erotica, ambientato in una Catania borghese nel 1957, con ricordi di Vitaliano Brancati .Samperi , che ai tempi era ancora un pò anarcoide, irride il perbenismo fasullo della "buona società", contemporaneamente stuzzicando i sensi del pubblico, giocando a rimpiattino con le grazie della bellissima Laura, che arriva a mostrarsi solo a un passo dal finale, avendo prima titillato il voyeurismo dello spettatore maschio, con giarrettiere e scollature. La regia distilla la carica erotica del soggetto abbinandola a un residuo di causticità che all'autore di "Liquirizia" non mancava nemmeno nei suoi lavori precedenti, "Grazie zia" su tutti. Visto a trentacinque anni di distanza, "Malizia" , rispetto ai film ad esempio di Brass, è una pellicola che suscita qualche leggero brivido, e più di un sorriso, grazie anche a un Turi Ferro intonatissimo nel ruolo del vedovo che impalma la bella governante.

martedì 24 giugno 2008

REC ( Rec, ES 2007)
DI PACO PLAZA e JAIME BALAGUERò
Con MANUELA VELASCO, Ferran Terrazza, Carlos Lasarte.
HORROR

Terzo tentativo di realizzare un film come se fosse una cronaca recepita da una cam normale, e primo girato in Europa: tra l'altro è l'unico che ha dietro un regista già conosciuto, perchè sia "Blair witch project" e "Cloverfield" erano diretti da sconosciuti, mentre qui c'è la co-direzione di Jaime Balaguerò, noto per "Second name" e "Fragile" . E si vede la differenza. Benchè sia un film evidentemente allestito con un budget esiguo, ambientato per quasi la sua totalità in un condominio, "Rec" si presenta come un'efficace mistura tra "28 giorni dopo" di Boyle e "La comunidad" di De La Iglesia, per settanta minuti concisi e incalzanti che vedono due reporter d'assalto, per un programma televisivo alla " Real TV" andar dietro ad una squadra di pompieri precipitatisi a soccorrere una donna anziana rinchiusa in un appartamente e finire in una situazione terrificante, con il palazzo prontamente sigillato dalle autorità per evitare che un misterioso morbo ( alla "Demoni" eccetera) esca dal condominio e sfugga al controllo. Ansiogeno, con una bordata al clero e un tentativo di spiegazione un tantino forzato dell'origine degli orrori, il film di Balaguerò e Plaza incanala almeno un paio di sequenze da antologia della paura di questi anni, e giunge a un finale repentino e senza alcun vizio d'ottimismo. Teso e accelerato, è il miglior lavoro di questo sottogenere fino ad adesso.
IL NASCONDIGLIO ( The hideout,I 2007)
DI PUPI AVATI
Con LAURA MORANTE, Treat Williams, Burt Young, Rita Tushingham.
HORROR


Ogni tanto per Pupi Avati è tempo di spaventi, e ritorna a girare pellicole che in realtà sono forse il suo primo amore, avendo soprattutto agli inizi realizzato film come "Balsamus", "La casa dalle finestre che ridono" e "Tutti defunti tranne i morti"( questo decisamente più grottesco): essendo divenuto cult il suo film con Capolicchio, in molti aspettavano questo suo nuovo thriller che è ambientato in America, con quasi tutti attori di lingua inglese, tranne la protagonista Laura Morante. L'avvio ben dispone lo spettatore, con il prologo che si svolge a cinquant'anni di distanza dalla vicenda narrata: man mano che il film va avanti, però, nonostante la discreta prova dell'attrice principale, è evidente una scarsa cura nel delineare i caratteri secondari, che rimangono sullo sfondo e non divengono mai personaggi, inoltre il prevedibile scioglimento della trama è alquanto improbabile, seppure Avati si periti di dare alla storia una conclusione non positiva. Poteva essere un thriller neogotico di un certo impatto, ma ci si perde in troppe chiacchiere, e l'unico momento veramente pauroso, la scena in cui al di là della parete una vocina intona "Magic moments" di Perry Como, si perde in una certa prolissità narrativa.

domenica 22 giugno 2008

SE SOLO FOSSE VERO ( Just like heaven, USA 2005)
DI MARK WATERS
Con REESE WHITERSPOON, MARK RUFFALO, Donald Logue, Dina Charles.
COMMEDIA/FANTASTICO

Reese Whiterspoon negli Usa è considerata una delle attrici più remunerative, alla stregua di Julia Roberts, ma da noi, come è accaduto anche a Sandra Bullock, non ha mai conosciuto altrettanto favore presso il nostro pubblico: vincitrice di un Oscar per il ruolo della sposa di Johnny Cash, l'attrice si presta sia in parti drammatiche che in film brillanti come questo "Se solo fosse vero". Modellato con più di un rimando al successone degli anni Novanta "Ghost", con una storia d'amore difficile da concretizzare per via della presenza un pò troppo eterea di uno dei due partners, il film ha una discreta tenitura di ritmo, ed è recitato piuttosto bene sia dalla protagonista che dal corrispettivo maschile Mark Ruffalo, e ha qualche buon spunto da commedia sofisticata, che però non compensano lo scivolone nel melassoso che arriva imperterrito verso il finale. La scena più divertente è quella in cui Ruffalo, dietro i consigli dello spirito della Whiterspoon, o meglio, della sua proiezione, tenta di soccorrere un uomo con una goffaggine che suscita sorrisi e risate, complessivamente il film si può vedere, ma non ce n'è urgenza.

venerdì 20 giugno 2008

HOSTEL ( Hostel, USA 2005)
DI ELI ROTH
Con JAY HERNANDEZ, Derek Richardson, Eythor Gudjonsson, Barbara Nedeljakova.
HORROR


Sacchetti antimalore consegnati agli spettatori insieme al biglietto per vederlo, tam tam su internet e curiosità accesissima sui giornali di settore per "Hostel", girato da Eli Roth dopo "Cabin fever", con il beneplacito di Quentin Tarantino, che ha pure appoggiato il sequel-lampo uscito un anno e poco più dopo: film di genere deciso a spaccare gli spettatori tra chi lo ha ripudiato sonoramente e chi invece ne ha fatto prontamente uno dei suoi cult, questo horror ha dalla sua la furbizia di una regia e di un copione che nella prima parte lascia incombere una certa cupezza d'ambientazione e elargisce le proprie efferate crudezze poco per volta, per esplodere nella mezz'ora finale, dalla sequenza della ex-fabbrica divenuta luna park delirante per psicopatici miliardari che aspirano a "poter " essere aguzzini. Se si toglie la consueta aspirazione americana a far trionfare la giustizia, e si chiude un occhio su quanto improbabile sia che il protagonista in fuga riesca a reincontrare tutti quelli che l'hanno portato sulla via dell'inferno e mandar ivi loro anzitempo, "Hostel", a differenza del suo floscio e gratuito seguito, è un allarmante metafora di un capitalismo oramai senza freno alcuno, che ha fatto della malvagità e della violenza bestiale un'altra possibilità di sfruttamento, un altro modo per generare consumo e profitti. Gli orrori quasi intollerabili ( sì, in una scena mi sono coperto gli occhi, e non mi è capitato spesso) di questa pellicola che sfodera tra le righe un istinto satirico selvatico e non ammesso fino in fondo sono pesanti, è vero: però, difficile non notare l'abilità della regia e la capacità di sviluppare tensione con sapienza di un film onestamente sgradevole e inquietante.

mercoledì 18 giugno 2008

KILLER ELITE ( The killer elite, USA 1975)
DI SAM PECKINPAH
Con JAMES CAAN, ROBERT DUVALL, Burt Young, Gig Young.
AZIONE
Peckinpah non lo amava granchè, e come altri suoi lavori era stato sensibilmente rimaneggiato dai produttori, con i quali l'autore de "Il mucchio selvaggio" era in guerra perenne e vedeva cambiato nell'edizione dei suoi film molto del girato: "Killer elite" è un thriller spionistico che ha qualche scompenso narrativo, talvolta risolvendo in modo facilone qualche snodo narrativo, e relegando il personaggio di Robert Duvall, che mostra quando può il suo spessore, da nemesi e antico compagno d'arme del protagonista James Caan a ruolo di generico villain. Ciò non toglie che il film, pur non risultando perfetto, risulti alla fine un bel thriller d'azione, con influenze dal cinema kung-fu di Hong Kong, molto in voga all'epoca, e dai comics ( qualcosa del Daredevil originale, con l'eroe dotato di mazza che si tramuta in arma) , che probabilmente ha a sua volta avuto effetto sul Tarantino di "Kill Bill", nel quale si notano rimandi allo scontro finale sulle portaerei in disarmo ( un capolavoro di montaggio, tutto realizzato in un morbido ralenti). Assassini di professione, in vendita a chi paga meglio, senza contratti vincolanti e in barba ad ogni falsa retorica patriottica, i killers di Peckinpah regolano i propri conti sparandosi addosso ma senza rancori personali, comprendendo le ragioni uno dell'altro: in un'ottica disincantata, di un paese che ha di sè un'idea fuori luogo, forse per sfuggire alla crudele spietatezza della realtà, incapace di guardare in faccia il lato meno idealizzato della Storia.
STRADE VIOLENTE ( Thief, USA 1981)
DI MICHAEL MANN
Con JAMES CAAN, Tuesday Weld, James Belushi, Willie Nelson.
NOIR/AZIONE

"Ladro",recita il titolo originale dell'esordio di Michael Mann, e difatti si apre con lo scassinatore di notte e venditore di auto di giorno James Caan intento a tagliare con la fiamma ossidrica una cassaforte ostica;l'uomo,nonostante l'indole da fuorilegge, coltiva l'aspirazione a una vita normale, e se ne va in giro con un simil-depliant su cui sono raccolte le foto delle persone che ama e i suoi progetti per il futuro,ma si trova sempre più schiacciato tra le regole formali di una società che lo opprime senza dargli ascolto,e quando accetta la proposta di una banda di professionisti per partecipare a un grosso colpo,è ignaro di avviarsi al centro di una carneficina. Mann presenta da subito molte delle caratteristiche del suo cinema,la città teatro e arena di sogni,morte e lotta violenta per la sopravvivenza, individui in fondo idealisti,cui la sorte fornisce sempre nuovi ostacoli,e un finale tesissimo in cui regolare ogni conto in sospeso a costo di lasciarci la pelle.Uno degli attori forse più sottovalutati della "New Hollywood", come James Caan, asseconda bene l'intento della regia,e traccia alla bisogna i chiaroscuri dei quali il suo personaggio è composto. Un thriller che si fa progressivamente più violento, musicato egregiamente,da vedere e ascoltare.

martedì 17 giugno 2008

L'ULTIMO BUSCADERO ( Junior Bonner, USA 1972)
DI SAM PECKINPAH
Con STEVE MCQUEEN, Robert Preston, Ida Lupino, Ben Johnson.
COMMEDIA/DRAMMATICO

"Junior Bonner" è un lavoro atipico nella filmografia di Sam Peckinpah, perchè è , pur se ripropone ambienti e personaggi tipici del suo cinema , adotta una chiave narrativa più leggera e meno feroce: dopo il sangue e l'escalation di violenza di "Cane di paglia", il regista girò questa commedia amara su un campione di facciata e magnifico perdente in realtà, asso del rodeo e in mezzo a una situazione familiare sismica. Steve McQueen e Robert Preston, figlio e padre coinvolti in uno scontro che li vede potenziali alleati in quanto inguaribilmente "diversi" e rigorosamente non allineati: Peckinpah li mette a confronto in almeno un paio di scene di toccante verosimiglianza, riflessioni sul fuoriclasse che si sente inadeguato rispetto alla "vita normale". In più, la sequenza della gara con il toro è un gioiello di tecnica e capacità autoriale, legata alla scansione del tempo e alla fluidità delle immagini, e il finale in cui l'antieroe sceglie di rimanere lo stesso con le gomme a terra ma libero, e con il dono fatto al padre scombinato sognatore è la giusta conclusione di un capitolo a sè stante in un'opera registica intrisa di disillusione, esplosioni di brutalità e una laconica mancanza di fiducia nel genere umano.
IL GRANDE UNO ROSSO ( The big red one, USA 1980)
DI SAM FULLER
Con LEE MARVIN, Bobby Di Cicco, Mark Hamill, Robert Carradine.
GUERRA


Divenuto negli anni titolo di culto, estemporaneo omaggio al film di guerra classico e proseguimento del genere, "Il grande uno rosso" è una pellicola a lungo rimaneggiata, oggi visibile anche con i minuti tagliati all'epoca della sua prima uscita sugli schermi: amato da molti che scrivono di cinema, narra l'avventura umana e guerresca di una squadra di marines che spazia dall'Africa all'Italia fino alla Francia, per chiudersi con l'ingresso nei campi di sterminio dell'Europa dell'Est. Duro ma non crudele, epico ma amaro, il film è avvincente, girato benissimo da un autore per natura "contro", ma che conosce la macchina cinema al punto di saper imbastire un lungometraggio spettacolare ma anche equilibrato, denso ma mai retorico: il sergentaccio Lee Marvin, adattissimo al ruolo, è un carattere umanissimo,che trova il suo apice nella silenziosa scena del rapporto breve e intenso con il bambino moribondo incontrato nel lager, gli fanno buona corona un pugno di giovani interpreti tra cui l'eroe di "Guerre stellari" Mark Hamill. Un film importante che piacerà non poco agli amanti del grande cinema americano.

domenica 15 giugno 2008

PERCHE' TE LO DICE MAMMA ( Because i said so, USA 2007)
DI MICHAEL LEHMANN
Con DIANE KEATON, MANDY MOORE, Tom Everett Scott, Piper Perabo.
COMMEDIA

E' pur vero che siamo in un'epoca in cui, se da un lato i film di guerra e azione non ci risparmiano violenze di ogni tipo, perchè la realtà è cruda e i telegiornali non ci risparmiano quasi niente, dall'altro la commedia , soprattutto quella USA, sembra aver perso la capacità di sottolineare sorridendo e corrodendo le problematiche di una società discretamente alla deriva, anche se è bene non farlo notare. Nella valanga di commediole, per carità inoffensive e superabili, ma tendenti al tedioso si può far posto anche a "Perchè te lo dice mamma", diretto da Michael Lehmann, che all'inizio della carriera più di un recensore aveva convintamente segnalato, che propone una mamma ultrabenestante che ogni figlio di buonissime intenzioni sbatterebbe fuori dalla porta di casa per invadenza e petulanza, che vuol "sistemare" l'unica delle tre figlie ancora da maritare: al di là della scorrettezza etica di fondo, e della faciloneria della trama, che non si perita di evitare allo spettatore alcun passo scontato, ci si domanda diverse volte durante la visione come l'ex-musa di Woody Allen, anticamente attrice impegnata si sputtani gagliardamente con roba così insulsa e concepita e realizzata senza idee nè professionalità. Scemerello e uggioso, il filmettino è di quelli che lasciano lo spettatore libero di fare qualche telefonata, farsi un caffè ( doppio, meglio) e organizzare le prossime vacanze mentre la tv lo trasmette, senza fargli perdere il bandolo della trama.

sabato 14 giugno 2008

MANDINGO ( Mandingo, USA 1975)
DI RICHARD FLEISCHER
Con PERRY REED, James Mason, Ken Norton, Susan George.
DRAMMATICO
A metà degli anni Settanta, prima del successo inaudito dello sceneggiato tv "Radici" , uscì questo film di un regista avvezzo a titoli di cassetta come Richard Fleischer ( "20000 leghe sotto i mari", "Barabba") che sollevò diverse polemiche e ebbe un certo riscontro di pubblico, da giustificare un sequel quasi immediato, "Drum". Melodramma che, data l'aria dei tempi, la buttava sul carnale e tendeva a esplicitare quello che in un prodotto analogo di vent'anni prima sarebbe stato appena suggerito, il film tradisce la voglia di battere sui bassi istinti e sfruttando malamente una storia potenzialmente interessante: il tema dell'iniquità dello schiavismo meritava altro sviluppo, sembra che Fleischer non veda l'ora di ricorrere al mostrare la violenza, che esplode terribile nei venti minuti finali, e aleggia una gran smania pruriginosa sul tutto. Finale da tragedia elisabettiana, ambientazione discreta, recitazione decorosa: la cosa peggiore è insolitamente la regia di un solitamente abile professionista.

giovedì 12 giugno 2008

GONE, BABY, GONE ( Gone, baby, gone, USA 2007)
DI BEN AFFLECK
Con CASEY AFFLECK, MICHELLE MONAGHAN, Ed Harris, Morgan Freeman.
THRILLER

Ogni storia di Dennis Lehane è contrassegnata da uno stile che unisce un'ironia intelligentissima e agente ad intermittenza a un quadro doloroso e talvolta crudele: la coppia di detective Pat McKenzie e Angie Gennaro è al centro di quattro romanzi dell'autore di "La morte non dimentica", da cui Eastwood trasse "Mystic river". Ambientato in una Boston violenta, che cova un sottobosco di orrori appena sommersi, il film è l'esordio alla regia di Ben Affleck, da un pò di tempo in fase appannata della sua carriera d'attore: a giudicare da questo lungometraggio, che riporta piuttosto fedelmente la trama narrata nel romanzo originario, il divo di "Daredevil" risulta assai più convincente dietro la macchina da presa che davanti. Qua e là più spiccio della novel di Lehane, soprattutto negli snodi cruciali del racconto, il film è tuttavia un thriller di buona fattura, recitato con abilità da un cast indovinato che tira a concludersi senza lieto fine, versando amarezza in gola agli spettatori. Casey Affleck, dopo gli apprezzamenti ricevuti per "L'assassinio di Jesse James..." si conferma giovane attore di potenziale buon avvenire, e se continuasse su questa china pure il fratello maggiore Ben si rifarrebbe dei numerosi passi sbagliati della sua carriera da star. Per chi non conoscesse i romanzi di Lehane, "La casa buia", titolo italiano di "Gone, baby, gone" può essere un buon inizio per prendere confidenza.
SHOCK ( I, 1977)
DI MARIO BAVA
Con DARIA NICOLODI, JOHN STEINER, John Collins, Ivan Rassimov.
THRILLER/FANTASTICO

Sul finire della sua carriera Mario Bava , che aveva spaziato dall'horror alla fantascienza al thriller facendosi amare soprattutto dai francesi che per primi avevano riconosciuto il talento di questo artigiano molto considerato nell'ambiente e snobbato dalle firme celebri della critica, realizzò questo thriller-horror su una coppia con figlioletto che lentamente precipita in una tragedia soprannaturale senza ritorno: i segnali che via via fanno perdere pazienza e poi lucidità mentale alla famigliola protagonista sono sempre più allarmanti, e solo giusto nei minuti finali la storia rivela l'arcano , con scioglimento di residui dubbi nell'ultimissima inquadratura prima dei titoli di coda. Bava fa un ottimo lavoro con trucchi ingegnosi e atti a mostrare l'estro di un regista abituato a lavorare con budget lontanissimi dalle cifre faraoniche del cinema hollywoodiano, e rimedia a qualche incertezza di sceneggiatura, e alla conclusione che presenta qualche assurdità a rigor di logica. La Nicolodi imprime al suo personaggio una forte componente nevrotica e ne fa una delle cose migliori della pellicola, ma non le è da meno un John Steiner che gradualmente passa da una rigidità compassata del suo pilota d'aereo all'esplosione di violenza nella conclusione: c'è qualche ingenuità di troppo, ma "Shock" è un thriller paranormale che instilla una leggera inquietudine.

mercoledì 11 giugno 2008

IL DIVO-La spettacolare vita di Giulio Andreotti ( I, 2008)
DI PAOLO SORRENTINO
Con TONI SERVILLO, Anna Bonaiuto, Carlo Buccirosso, Piera Degli Esposti.
GROTTESCO

Progetto ambiziosissimo e reso possibile oggi data la veneranda età del senatore a vita Giulio Andreotti, considerata la soggezione sempiterna verso una figura anomala per l'Europa, un uomo di Potere saldo ai vertici dal dopoguerra e capace di rivestire incarichi come si indossano magliette, vituperato e apprezzato, temuto e invidiato, "Il divo" ha conosciuto una straordinaria affermazione all'ultimo festival di Cannes, dividendo la gloria italica con "Gomorra": casi insoliti per la tarda primavera nazionale, i due film d'autore stanno realizzando incassi importanti (questo un pò meno, ma è anche un lavoro meno da grande pubblico) e la stampa ne è stata entusiasta. Realizzato quasi totalmente su un registro grottesco, il film di Sorrentino ha un sarcasmo sottilissimo che pizzica pur raccontando con forte capacità di sintesi anni convulsi e complessi d'Italia come quelli attorno a Tangentopoli, e per tre quarti di pellicola si ha la sensazione di star vedendo un lungometraggio che spinge deciso nel segno del cinema di Petri, salvo giungere a un finale dichiaratamente drammatico. Servillo si conferma attore eccezionale, pur sotto un make-up massiccio che tuttavia non lo lascia assomigliare più di tanto ad Andreotti: attorno a questa figura modellata fisicamente sul Nosferatu murnau-kinskiano, più un non-vivo che un non-morto, si agita una corte nefasta che pare tenere in trappola il protagonista( Carlo Buccirosso su tutti, Pomicino mondano e baldanzoso). Cinema elegante, satira sofisticata e insieme quadro catastrofico su un'Italia recente che assomiglia troppo a quella odierna, densa di donnole e faine da palazzo, "Il divo" è un'opera probabilmente da vedere due o tre volte per essere gustata appieno.

lunedì 9 giugno 2008

LA MASCHERA DI FERRO ( The man in the iron mask, USA 1998)
DI RANDALL WALLACE
Con LEONARDO DICAPRIO, Gabriel Byrne, Jeremy Irons, John Malkovich.
AVVENTURA


Sull'onda lunghissima e possente del successo mondiale di "Titanic", uscì subito dopo questo adattamento da Dumas interpretato nel doppio ruolo principale appunto da Leonardo Di Caprio, che ottenne un certo risultato commerciale:riunendo attorno al giovanissimo divo quattro attori di nome come Byrne, Depardieu, Malkovich e Irons ad impersonare i moschettieri, lo sceneggiatore di "Braveheart"Randall Wallace esordì come regista. Privilegiato, del romanzo omonimo, che già era stato portato al cinema più volte, l'aspetto puramente avventuroso, stravolgendo, pure, alcune cose: l'assetto generale è abbastanza cialtronesco, il film non raggiunge alcuna dimensione epica, e nonostante i grossi nomi a disposizione, i personaggi sono bidimensionali. C'è, come in diversi altri film americani, la pressapochistica particolarità di ambientare un film in un altro paese con la pretesa che le lettere ivi scritte siano in Inglese ( nel regno di Francia!!!), e una goffaggine generale che fa scadere un lungometraggio di poca presa emotiva.
ALIENS VS.PREDATOR 2 ( Aliens Vs.Predator 2: Requiem, USA 2007)
DI COLIN e GREG STRAUSE
Con SAM TRAMMELL, STEVEN PASQUALE, REYKO AYLESWORTH, KRISTEN HAGER.
FANTASCIENZA

"Alien Vs.Predator", senza ambire ad essere un vero e proprio sequel soprattutto della serie sugli Alieni creata da O'Bannon e Shusett, era parso un buon prodotto di serie B, valido soprattutto per la tenuta del ritmo e la relativa plausibilità del racconto: ci riprovano, tre anni dopo, Greg e Colin Strause, finora ignoti ai più, che ambientano in una provincia Usa lo scontro tra i Cacciatori cosmici e la stirpe Aliens, ovviamente coinvolgente e falcidiante la maggior parte della comunità umana. Diciamo che l'esordio di questi Strause non lascia ben sperare sulla loro carriera a venire: si parte da una storia abbastanza pretestuosa e comunque già vista, si indovina esattamente quale dei personaggi in scena verrà ucciso dalle specie extraterrestri in guerra e chi no, si giunge alla cataclismatica risoluzione del finale sapendo come, domandandosi solo quanto tempo ci vorrà e lo stratagemma adoperato per chiudere. Abbastanza noioso e scontato, "AvP2", come è stato battezzato da qualche giornalista, sembra avere esaurito ogni argomentazione e stimolo per lo spettatore anche più ben disposto: non sarebbe una bella conclusione per le due saghe, anche se, come si è detto, quella di "Predator" non ha mai volato alto.

martedì 3 giugno 2008

FRANK COSTELLO FACCIA D'ANGELO
( Le Samourai, F 1967)
DI JEAN-PIERRE MELVILLE
Con ALAIN DELON, Caty Rosier, Francois Perier, Nathalie Delon.
NOIR

Non fece incassi da capogiro, ma colpì decisamente e a fondo più d'un recensore "Le Samourai", ribattezzato da noi "Frank Costello faccia d'angelo" ( anche se il killer protagonista si chiama nell'originale Jef Costello): considerato il miglior risultato di un cineasta oggi riconosciuto come autore di vaglia, Jean-Pierre Melville, il film si affida a dialoghi rari e di poca lunghezza, puntando molto su una stilizzazione del racconto hard-boiled che dipinge il sicario Costello come una figura quasi senza vita propria, capace di uccidere a freddo e di vivere in un appartamento spoglio, ravvivato solo dal timido pigolìo di un uccellino in gabbia. Melville insaporisce un canovaccio che molto deve alla mitologia gangsteristica del cinema USA con le notazioni psicologiche, eleganti e scrupolose, di una solitudine esistenziale che aumenta la statura tragica del personaggio principale. Che si perde, in fondo, attratto da una bella pianista nera ,figura in contrasto con il freddo killer senza contatto umano( da notare soprattutto l'antitesi tra le abitazioni di Costello e della donna), consapevolmente andando incontro alla morte per rivedere l'affascinante musicista: Delon, in un'interpretazione taciturna ed ermetica, tratteggia un personaggio acutamente cinematografico e letterario ad un tempo, il film, che oggi incuriosisce per l'aritmia con cui è condotto, è meritoriamente oggetto di culto.