mercoledì 30 settembre 2009

SCANDALOSA GILDA( I,1985)
DI GABRIELE LAVIA
Con MONICA GUERRITORE,GABRIELE LAVIA, Pina Cei, Jasmine Maimone.
EROTICO/DRAMMATICO
Presa da una smania di emulare la bomba bertoluccian-brandian-schneideriana di "Ultimo tango a Parigi", la coppia Guerritore-Lavia si imbarcò in questo film,che ottenne tuttavia un discreto successo di pubblico, pr sviscerare la passione d'amore e tutte le complicazioni annesse:solo che,grazie della bellissima Monica a parte, non c'è niente da salvare in questo pasticcio psicanalitico-erotico infarcito di dialoghi pretenziosi,goffamente pieni di sè, con personaggi che vorrebbero essere esistenzialmente disperati e alla fine fanno solo una gran pena,finale tragico incluso. Mettiamoci anche la violenza carnale inflitta ad una disgraziata capitata per sua sfortuna a tiro della coppia di amanti persi nel proprio delirio,e, se mancava qualcosa,la Femmina-Mantide divoratrice del Maschio dopo il sesso. A nulla vale la stima fuori da questo ridicolo contesto per gli interpreti Lavia e Guerritore, non può salvare un'operazione così paragonabile ad uno strafalcione bello e buono, con appunto ambizioni intellettualoidi miste alla strizzata d'occhio del nudo VIP per attirare una base di spettatori paganti. Giustamente, è scivolato dritto nel dimenticatoio.

martedì 29 settembre 2009

PROFESSIONE:REPORTER( I/F/ES,1975)
DI MICHELANGELO ANTONIONI
Con JACK NICHOLSON, Maria Schneider,Jenny Runacre,Ian Hendry.
DRAMMATICO
Tramutarsi, camuffarsi, scegliere di far finta di essere qualcun altro per arrivare a ipotizzare un'altra esistenza:eppure non basterà al giornalista di successo David Locke, non lo libererà dal suo malessere, dalla sua fuga da ciò che è stato. Per due volte il protagonista rivolge alla ragazza misteriosa e anonima che lo segue la stessa domanda ("Che cazzo ci fai con me?"),per due volte un'automobile lo tradisce e lo lascia a piedi in un luogo lontano da tutto, per due volte c'è un uomo morto all'improvviso,in una spoglia stanza d'albergo,che ufficialmente è morto d'infarto, ma forse si è lasciato morire perchè stava andando da nessuna parte. Un film che in molti hanno amato da metà anni Settanta in poi:rivisto oggi,è uno dei lavori più belli di Antonioni,e, per esempio, confrontato ad un altro cult del regista ferrarese come "Blow up" appare molto meno datato, e più adatto ad un pubblico di ogni stagione, anche per ciò che lascia dentro. I dialoghi scarni, apparentemente non profondi, combaciano con le immagini, di una pienezza abbacinante, dentro un flusso narrativo in cui è facile perdersi, quasi un cullare la mente come quando ci si abbandona ad un rollìo che stimola pensieri, riflessioni, constatazioni delle cose. Un cercare "l'altro da sè" che non lascia indifferenti,e trova sia in un Jack Nicholson straordinariamente duttile ed in una Maria Schneider enigmatica e sibillina i giusti tramiti verso lo spettatore:in altre parole,un'opera di altissimo livello.

lunedì 28 settembre 2009

LE FOLLI NOTTI DEL DOTTOR JERRYLL( The nutty professor, USA 1963)
DI JERRY LEWIS
Con JERRY LEWIS,Stella Stevens, Kathleen Freeman, Del Moore.
COMMEDIA/FANTASTICO
Parodia del celebre "Caso del dottor Jeckyll e Mr.Hyde", questa commedia a venature fantastiche diretta e interpretata da Jerry Lewis è anche uno sberleffo a quello che successivamente verrà battezzato come "l'edonismo reaganiano": ovvero quella filosofia presente anche in molto cinema,pure comico,che un'esistenza potenzialmente felice abbia tra le basi
della sua riuscita anche l'esser belli, fascinosi,brillanti e invidiabili. Forte di gags che paiono venire dritte dritte dal mondo dei cartoons, il film a tutt'oggi si mantiene godibile, ben scritto e divertente: la doppia interpretazione di Lewis,sia nel ruolo del passivo professore che anticipa molte delle goffaggini fantozziane, che in quello del sagace ed arrogante playboy notturno vale da sola la visione del lungometraggio, e aiutano l'attore-regista anche gli attori del cast, come nella scena del preside che Buddy Love(il doppio piacente) incoraggia come attore shakespeariano nel suo ufficio,ricavandone momenti di ilarità robusta. Rifatto piuttosto volgarmente da Eddie Murphy trent'anni dopo, si chiude su un tocco d'ironia sulla mentalità americana sostituendo la parola "fine" a un ambiguo "l'inizio?", alludendo all'industrializzazione della formula che rende fascinoso anche se infine pure antipatico chiunque.
LA RAGAZZA DI BUBE( I,1963)
DI LUIGI COMENCINI
Con CLAUDIA CARDINALE, GEORGE CHAKIRIS, Marc Michel, Enrico Esposito.
DRAMMATICO
Solo tre anni prima il romanzo di Carlo Cassola "La ragazza di Bube" si era imposto al premio Strega, e Luigi Comencini, nel 1963, ne girò la versione per lo schermo: una coppia di star di livello internazionale(Chakiris era ancora reduce da "West Side Story" e la Cardinale era in ascesa piena), un dramma sentimentale con sfondo politico-storico e la ricostruzione di un dopoguerra pieno di buoni intenti e troppe amarezze. Diversi spettatori,soprattutto a sinistra, lo apprezzarono fino ad un certo punto e nulla più perchè il dramma dell'esperienza post-fascismo che contrapponeva le aspettative di chi non aveva mai accettato il regime, la non pacificazione di chi aveva scelto di combattere attivamente (i partigiani insomma) l'alleanza nazifascista, e tanti aspetti seri della reazione di un'Italia che in ogni modo metabolizzò anche a forza contrasti e rancori non sembrava reso con la dovuta profondità,per privilegiare l'aspetto sentimentale: in realtà Comencini coglie l'occasione per uno splendido ritratto di donna, che trova in una Cardinale intensa e partecipe un'interprete notevole, e la storia d'amore a tre è resa con delicatezza e ruvidità ad un tempo. Inoltre, la pellicola rende assai bene l'idea di un'Italia in ricostruzione, "a lato",proveniente da una dura realtà rurale ed a fatica integratasi nella vita di città.In quanto alle accuse di chi subì processi e anni di carcere per aver cercato vendetta dopo anni di soprusi e feroci prepotenze, viene da considerare che sono le conseguenze riscontrabili in ogni Paese ed era nelle fasi post-regime,vedere i violenti regolamenti di conti anche recenti in Afghanistan per farsene un'idea.

sabato 26 settembre 2009

Z-L'orgia del potere (Z, ALG/F 1969)
DI COSTA-GAVRAS
Con YVES MONTAND,JEAN-LOUIS TRINTIGNANT,Irene Papas, Renato Salvatori.
DRAMMATICO
Palma d'oro a Cannes, "Z" rivelò il talento di Costa-Gavras alle platee internazionali, e divenne un titolo di culto:opera di grande intelligenza, sta sospesa tra la Commedia dell'Arte(quasi nessuno dei personaggi in scena ha un nome proprio,ma sono il Ministro,il Deputato,il Giudice,il Capo della Polizia...) e il thriller d'inchiesta congegnato a dovere che trova un crescendo puntualmente stroncato in un finale tragicamente beffardo. Costa-Gavras racconta il golpe dei colonnelli tra sarcasmo(gli ufficiali inferociti per essere imputati dell'omicidio del politico di opposizione che sbagliano,tutti,porta per uscire) e senso di un dramma collettivo mai perdonato,superato,accettato con rassegnazione. Un cast ispiratissimo e ottimamente diretto si amalgama con partecipazione, dal deputato Yves Montand,catalizzatore della vicenda a suo discapito,alla moglie Irene Papas,proseguendo con gli avanzi di galera Salvatori e Bozzuffi,il giudice che rischia di far trionfare la Giustizia Trintignant e via enumerando:la tensione narrativa non viene mai meno, ed il resoconto della vicenda Lambrakis, è di una lucidità ammirevole in un contesto di protesta viva e di disprezzo per il Potere che impone se stesso a costo di schiacciare tutto quello che trova. Molti concetti che sentiamo espressi nei dialoghi,purtroppo, rassomigliano da vicino ad atteggiamenti,motti e concezione della politica e della gestione della società di nuovi potenti che ipocritamente fanno i propri porcacci comodi infrangendo ogni regola(mai fidarsi di chi afferma regole zero,ricordatevelo) e abusando di ogni beneficio regalatogli dai loro ruoli.

venerdì 25 settembre 2009

CHISUM ( Chisum,USA 1970)
DI ANDREW W.MCLAGLEN
Con JOHN WAYNE, Geoffrey Deuel,

La vicenda di Billy The Kid l'abbiamo incontrata svariate volte,sotto diverse firme ed affidata ad interpreti sempre nuovi:come altre leggende del West,ognuno ha aggiunto qualcosa o l'ha differenziata ad ogni versione differente e più recente. Se quella più amata dai cinefili è probabilmente quella di Peckinpah con Kristofferson e Coburn, poco prima uscì sugli schermi questa di Andrew V.McLaglen, interpretata nel ruolo del latifondista John Chisum dal Duca, il signore del western John Wayne. Per la verità Wayne,nella seconda parte, appare abbastanza poco, anche perchè l'attenzione di sceneggiatura e regia si accentra sullo scontro del Kid contro i suoi nemici,successivamente all'imboscata che uccise il suo protettore e insieme unico uomo che lo aveva capito e saputo gestire,Tunstall: però,oltre ad esibire uno stile nel presentare il western già un pò vecchiotto,se si pensa che siamo nel 1970, lo script è ambiguo,ed anzi presenta Chisum,che venne indicato quasi sempre come uno dei mandanti dell'agguato di cui sopra,come uno scafato saggio un pò ruvido ma giusto nella mentalità e nei comportamenti. Wayne,vistosamente invecchiato e poco incline alle scene d'azione,salvo il finale, presta un pò di collaudato mestiere al suo Chisum, mentre Geoffrey Deuel è uno dei Billy The Kid più anonimi e meno carismatici visti al cinema.

I GIORNI DEL COMMISSARIO AMBROSIO( I,1989)
DI SERGIO CORBUCCI
Con UGO TOGNAZZI,Carlo Delle Piane, Athina Cenci, Claudio Amendola.
GIALLO Il film doveva essere diretto da Francesco Massaro,non esattamente un maestro della regia, e interpretato da Lino Ventura,che scomparve a riprese già praticamente iniziate:rimpiazzi in corsa da un veterano della macchina da presa come Sergio Corbucci e da un altro attore di livello alto come Ugo Tognazzi,e neanche pessimi, ma "I giorni del commissario Ambrosio" funziona davvero poco. Dai racconti di Renato Ulivieri, intrisi di milanese quanto lo sono quelli di Camilleri di siciliano,un adattamento che somiglia troppo ad un film per la televisione,nonostante sia affollato di nomi importanti nel cast, per appassionare o avvincere chi ama il cinema. Penultima intepretazione di Ugo Tognazzi, non lo vede quasi mai in palla o al punto di fornire le sfumature che avrebbero arricchito il personaggio, e stupisce il fatto che appunto un interprete così duttile e abile non abbia fruito del proprio estro attoriale per dare le rifiniture al ruolo, ma è probabile che l'attore de"Il federale"vivesse un momento personale particolarmente negativo,che lo colse nel crepuscolo della sua esistenza. Fiacco nell'elaborazione della parte "gialla",anonimo nel descrivere il micromondo di Ambrosio, "I giorni..." risente parecchio dell'affaticata messa a punto della sua realizzazione per poter essere qualcosa di riuscito.

giovedì 24 settembre 2009

VIDEOCRACY-Basta apparire( Videocracy,SW 2009)
DI ERIK GANDINI
DOCUMENTARIO
Alzi la mano chi, assistendo alla confessione-racconto del ragazzo di Brescia che vuole sfondare nel mondo dello spettacolo, non ha pensato a Nando Mericoni, il personaggio leggendario di Alberto Sordi che ambisce,senza talento, a divenire qualcuno nello show-business. Il documentarista di origine italiana Erik Gandini ha realizzato con produzione svedese ma girando del tutto in Italia un'analisi basata su quattro personaggi su quello che vuol dire l'impatto di Berlusconi sulla società italiana.Al di là della considerazione personale di chi scrive che ,contro o pro, sua Emittenza ha voluto dire quindici anni (per ora) di tempo perso e di politica rimasta indietro rispetto alle altre società, europee e non, Gandini sottolinea che tra il cittadino X come Ricky, l'emulo del cantante de"La copa de la vida", Lele Mora, Fabrizio Corona e Silvio Berlusconi ci sia una sorta di parallelo che aiuta a spiegare come si sia potuti arrivare ad una società messa mica tanto bene come quella nostra.Fluido nell'esposizione, spesso ficcante nel sarcasmo con cui viene mostrata la pochezza di certi modelli, magari dice cose che in tanti sapevamo già, ma resta il fatto che "Videocracy" è un documento che un domani speriamo non lontano guarderemo tra l'inorridito e il sollevato, anche perchè è chiara una cosa. Gandini ci tiene a mostrare che tutto sommato, è anche colpa nostra:lo dicono le orde di ragazze che sgomitano per poter diventare una velina, lo dice la donna non giovane che si spoglia ad un provino senza rendersi conto del cinismo con cui viene osservata,pur sorridendo,lo dicono gli "ospiti" di Mora al bordo della piscina che si crogiolano nel loro Nulla dorato pur di stare lì. E Corona che snocciola la sua filosofia pescecanesca e si ostenta tutto nudo (ma spiegatemi quello che sta lì mentre lui si sciacqua accuratamente le parti intime, che mestiere fa?A che voce ciò viene retribuito in busta paga,se c'è?), il video "Meno male che Silvio c'è" che sembrerebbe girato da un Tim Burton in vena di sfottere, Mora che allegramente esibisce le suonerie fasciste sul telefonino, ricordano che questa gran baracconata messa su da chi ci ha saputo far soldi e acquistare potere è una faccenda scelleratamente seria.

IL TESORO DELLA SIERRA MADRE(Treasure of the Sierra Madre,USA 1948)
DI JOHN HUSTON
Con HUMPHREY BOGART, Tim Holt, Walter Huston,Barton McLane.
AVVENTURA
Dura la vita dei cercatori d'oro, giorni e giorni di fatiche,disillusioni,paure e forse solo a qualcuno arriderà la fortuna,enorme e impetuosa, di trovare un ricco filone. Uno dei più celebri titoli di John Huston,peraltro prolifico e assurto abbastanza presto tra i registi importanti,di cui venivano seguite con interesse le carriere, è "Il tesoro della Sierra Madre",che fece guadagnare al padre Walter un Oscar come attore non protagonista e ad Humphrey Bogart donò l'occasione per uno dei suoi ruoli più celebri. Fondamentalmente la dimensione più appropriata per questo film è quella della fiaba nera,con morale densa inclusa:la lotta nel locale tra i tre contendenti, una certa atmosfera che vi si respira,il Destino che irrompe e rende vano ogni sforzo dell'Uomo,i predoni e
i tradimenti tra compari,sono tutte componenti che sottolineano il carattere di lavoro morale della pellicola. Bogey rende benissimo un personaggio che scivola lentamente ed inesorabilmente nel baratro dell'Avidità e lascia che l'ossessione di una paranoia continua se lo mangi vivo,in un timore di perdere la "roba" arduamente conquistata che lo porta a compiere scelleratezze. E la risata finale che chiude la storia è il giusto congedo di un racconto che ha il merito di sottolineare sia la debolezza degli esseri umani nel soccombere ad una delle più comuni pecche del proprio animo,ma anche la capacità di reagire alla sorte avversa con un'arma immensa come il senso dell'umorismo e la forza di ridere.

mercoledì 23 settembre 2009

SCOMMESSA CON LA MORTE( The dead pool,USA 1988)
DI BUDDY VAN HORNE
Con CLINT EASTWOOD, Patricia Clarkson, Liam Neeson, Evan C.Kim.
THRILLER
Capitolo quinto, e conclusivo,per l'ispettore Harry Callahan: il durissimo poliziotto losangelino è stavolta nel mirino di un assassino che ha fatto una lista di personalità da fare fuori. Si comincia con un attore-cantante tossicodipendente( è Jim Carrey in una delle sue prime apparizioni importanti), si prosegue con una conosciutissima critica di cinema probabilmente ispirata all'inflessibile Pauline Kael, e così via fino a giungere all'uomo di legge che i superiori non sopportano e i malviventi odiano. Diretto da uno dei collaboratori più fidati di Eastwood,Buddy Van Horne,che si occupava degli stunts e delle scene più marcatamente d'azione dei suoi classici, "Scommessa con la morte" è una chiusura involutiva di una serie comunque importante per gli action movies:la parte "gialla" è senza interesse, i pochi tentativi di umorismo fiacchi, di originale c'è la scena dell'attentato con l'automobilina telecomandata,anche se largamente inverosimile. Eastwood riproduce ormai da mestierante esperto ma senza mettere troppo impegno uno dei suoi ruoli più celebri,che Paul Newman rifiutò perchè troppo di destra, compaiono appunto due star del futuro come Neeson e Carrey,ma è tutto risaputo,anche la violenza e l'ineluttabile carrello aereo all'indietro che conclude la storia,già visto in altri polizieschi con protagonista l'eppur grande Clint.

CALIFORNIA POKER( California split,USA 1974)
DI ROBERT ALTMAN
Con GEORGE SEGAL,ELLIOTT GOULD, Ann Prentiss,Gloria Welles.
COMMEDIA
Il gioco come la vita o la vita come il gioco,per i due protagonisti di "California split" non c'è troppa differenza. Conosciutisi casualmente(come capita a molti divenuti poi amici,perchè in fondo ci si cerca senza saperlo), i due sono persone che vengono da mondi diversi e diverso hanno l'approccio sia al concetto del giocare e del vivere.Se lo scapestrato Elliott Gould "beboppeggia" quando è su di giri,vive di vincite e nulla più, il personaggio di George Segal è tutto sommato più complesso,sa scrivere e ha un'idea matematica dell'azzardo:Robert Altman,come sempre, ha capito molto più di altri dello spirito americano e sa bene che il gusto del rischio come prospettiva programmatica non è un'idea campata per aria,e qui soprattutto è il senso maggiore della pellicola. Lo spostarsi da un luogo all'altro per tentare la fortuna e cercare il colpaccio,è insito nella mentalità americana,stato venuto fuori da pionieri e avventurieri in cerca di una grande svolta: e il finale,che è uno dei più belli dell'intera cinematografia altmaniana,ma se si vuole anche uno dei più azzeccati,nella sua asciuttezza, del cinema USA di sempre nella sua asciuttezza,rimete i due uomini ognuno sul proprio binario della vita, chi a provare un altro giro anche se le tasche sono piene, chi a constatare che raggiungere l'obbiettivo finale che ci si è posti a volte non porta a nessuna crescita interiore,non all'emozione che ci si sarebbe aspettati. In una pellicola che a tratti sembra divagare in eccesso, una conclusione così è inaspettata e intelligentissima:bravissimi i due protagonisti, anche se la misura di Segal la spunta sulla prova sopra le righe di Gould,e una volta di più si ammira la bravura di Altman nell'esplorare i caratteri e descrivere con elegante acidità l'America.

BARFLY( Barfly,USA 1987)
DI BARBET SCHROEDER
Con MICKEY ROURKE,FAYE DUNAWAY, Alice Krige, Frank Stallone.
DRAMMATICO
All'inizio ed alla fine di un decennio,due film su un personaggio,un artista come altri perso in un delirio di alcool e perdizione,ma con una carica tutta propria e una visione del mondo non sbrigabile in poche righe:Charles Bukowski è il protagonista sia di "Storie di ordinaria follia" di Ferreri che di "Barfly" di Schroeder, anche se qui viene chiamato Henry Chinasky. Lo svolazzare nel vuoto dei propri giorni in un'alcoolica atmosfera da cuori allo sfascio dello scrittore e poeta,tra risse, avventure sessual-sentimentali, il rauco berciare degli altri avventori del bancone da bar vengono riportate con fedeltà dall'autore de "Il mistero Von Bulow",ma nel confronto con il film italiano ci perde:per quanto non uno dei migliori ferreriani, "Storie ..." viveva di una scorticata autenticità sentimentale più toccante,e sincera. Del tanto sentimento che l'editrice interpretata da Alice Krige trova negli scritti di Chinasky-Bukowsky non emerge granchè sullo schermo, Faye Dunaway e Mickey Rourke sono credibili nei ruoli centrali, ma a tratti la caratterizzazione del divo di "Johnny il bello" diviene quasi fumettistica,anche se vi pone dentro un'ironia lieve che la valorizza. A conti fatti,una bella iniziativa,e un film a modo suo anche coraggioso nel suo non raccontare ma più che altro illustrare,ma forse la matrice hollywoodiana è quanto meno adatto ci sia per certa narrativa e certi autori.

lunedì 21 settembre 2009

G.I.JOE-La nascita dei Cobra( G.I. Joe:The rise of the Cobra,USA/D 2009)
DI STEPHEN SOMMERS
Con CHANNING TATUM, SIENNA MILLER, DENNIS QUAID,CHRISTOPHER ECCLESTON.
AZIONE

Come è toccato ai "Transformers",ecco un kolossal anche per i soldati "G.I.Joe",che da noi in verità non hanno mai attecchito moltissimo, di proprietà del colosso mondiale per i giocattoli Hasbro.Affidato all'ormai esperto in grandi produzioni dal taglio spensierato e spettacolare Stephen Sommers, il film tratto dalle avventure dei pupazzetti in divisa ha incassato bene,ma non da fare sfracelli in patria:eppure è chiarissimo che "La nascita dei Cobra" è stato realizzato con il preciso intento di avviare una nuova serie di alto profitto, visto che i personaggi lasciano intuire nuovi sviluppi e il finale è quanto mai interrotto in attesa di un pronto seguito. Frasi retoriche bilanciate da una effettiva ironia di base a parte(ma vi immaginate a recitarli certi discorsi?), il film di Sommers sfreccia via presentando scene d'azione ben congegnate, nelle quali si avverte qua e là un pò di dejà vu,e il regista de "La mummia" si concede un numero di buon livello in una delle sequenze di pura action più lunghe nella storia del cinema,quella a Parigi tra inseguimenti stradali e l'attacco alla Torre Eiffel.Se di recitazione è difficile qui parlarne,vista la conclamata bidimensionalità dei caratteri,resta il fatto che la sceneggiatura suggerisca che la strategia della Paura sia uno stratagemma per far girare a mille l'industria militare e che un perfetto delinquente possa sedere nella sala Ovale con nonchalance.Certo,anche un caccia che in pochissimi minuti va da Mosca a Washington per netraulizzare dei missili in volo è a dir poco paradossale :però "G.I.Joe" non è cretino quanto lo avevano presentato voci beninformate di stampa e tv.Visto che spesso kolossal vuol dire anche programmazione per cervelli scollegati(non dovrebbe essere scontato,ma succede anche troppe volte) questo action senza un vero e proprio protagonista e svariate sottotrame è passabilmente divertente.


sabato 19 settembre 2009

TUTTO QUELLO CHE AVRESTE VOLUTO SAPERE SUL SESSO E NON AVETE MAI OSATO CHIEDERE (Everything you always wanted to ask about sex but were afraid to ask,USA 1972)
DI WOODY ALLEN
Con WOODY ALLEN,Gene Wilder, Lynn Redgrave, John Carradine.
COMMEDIA
Titolo tra i più importanti del primo Allen per diffusione e rapida collocazione tra i film di culto dell'epoca,"Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso...",diviso in molti episodi e ruotante infatti alla sessualità in un'epoca in cui molto se ne discuteva pubblicamente (mica come ora che si sta zitti però sulla Rete, in privato, ci si fionda a cercare di tutto...) è invecchiato precocemente,molto di più di altri lavori di Woody.Se l'episodio che vede Gene Wilder serio medico che manda la propria vita allo sbando per essersi innamorato di una pecora è gustoso e ben reso anche dalla prova dell'interprete,e quello finale con l'atto amoroso visto dall'interno del corpo umano,con tanto di organizzazione fantascientifica tra cervello e organi, e gli spermatozoi divenuti vero e proprio contingente d'assalto, per il resto non si trova la verve tipica identificata nei vari "Amore e guerra","Bananas" eccetera. L'episodio con il seno gigante ha uno spunto curioso,ma si avvita su se stesso,nonostante la carica parodistica presente anche nell'ultima inquadratura che sfotte "Via col vento", quello del rabbino che esibisce una sua perversione in uno show tv al di là del paradosso non suscita riso, il signore perbene cui piace travestirsi da signora dice poco,e l'iniziale segmento con la dama che vuol concedersi al buffone non è troppo lontano dai vari "Gran pezzo dell'Ubalda" e simili,con un pizzico di intellettualismo in più che nuoce anzichè fargli pregio.

DRAG ME TO HELL( Drag me to hell,USA 2009)
DI SAM RAIMI
Con ALISON LOHMAN, Justin Long, Lorna Raver,David Paymer.
HORROR
Dopo il trittico ultramiliardario di "Spider-Man"(ne arriveranno altri,tranquilli...) Sam Raimi ha voluto concedersi un guizzante ritorno alle origini, e ha scelto di realizzare una sua vecchia sceneggiatura,scritta assieme al fratello agli albori della sua carriera: "Drag me to hell", identificato come film politico per aver posto la questione scatenante su banche e mutui non concessi, in realtà ha appunto una storia antica, semplicemente capita a fagiolo visti i tempi e la forte attualità del tema. Non direi nemmeno,come mi è capitato di leggere su riviste di settore ben quotate,che ci troviamo di fronte al "film perfetto":come cinema d'orrore, il nuovo film raimiano concede parecchio all'ironia e ci si spaventa il giusto,provando tutt'al più un pò di ripulsa per le frequenti bave della vecchia strega gitana. Se però si deve riconoscere l'amore della citazione (per Mario Bava e per molto cinema pauroso anteguerra ), l'intelligenza di una regia che salta i limiti di budget con l'estro per l'inquadratura e trucchi visuali sagaci, siamo d'accordo:"Drag me to hell"(Trascinami all'inferno) è un'operina intonata,che civetta con il mondo dei cartoon alla Tex Avery e compagnia variopinta insieme e ha il buon gusto di prendersi poco sul serio. Altrimenti come giustificare la scena del garage,avete mai visto un'incudine appesa ad una corda che possa servire,hai visto mai,per sbatterla sulla testa di qualche malintenzionato?E la protagonista per tutta la pellicola è ben lontana dal convincere lo spettatore a prendersi a cuore le sue sventure,anche perchè moralmente,diciamolo,la fanciulla mica vale granchè:apprestandosi a girare il quarto capitolo delle imprese dell'Uomo Ragno, Raimi si è voluto rituffare nel suo mondo antico di paure e idee di regia volte al brivido ma anche di cultura del b-movie come altri cineasti di talento riconosciuto,vedi il Peter Jackson de"Il signore degli anelli".

giovedì 17 settembre 2009

CACCIA AL LADRO(To catch a thief,USA 1955)
DI ALFRED HITCHCOCK
Con CARY GRANT,GRACE KELLY,Charles Vanel,Jessie Lee Royce.
COMMEDIA/GIALLO
Tra i film importanti di Hitch, è forse quello che raccoglie opinioni più contrastanti. C'è chi afferma che sia stato un'iniziativa che forse aveva deluso lo stesso regista mentre ci stava lavorando,chi gli rimprovera di giocare fin troppo sul registro brillante,mentre molti lo amano incondizionatamente. "Caccia al ladro" è un divertissement di un grande director,che scelse due tra gli interpreti che preferiva per realizzare un giallo rosa elegante,sinuoso,al quale non difetta la suspence,seppur non così "carica" come quella creata in altri titoli prima e dopo di questo. Ben illuminati da una fotografia di sfavillante bellezza nell'illustrare chiaroscuri e colori, Grant e Kelly sono affascinanti e intraprendono un gioco di seduzione a carte semiscoperte,con l'interrogativo girato allo spettatore circa la presunta colpevolezza o meno del "Gatto", re dei ladri che ha cessato l'attività una volta per tutte.Ambientato in una Costa Azzurra che all'epoca rappresentava l'apice dell'agio e della vacanza di lusso,il film è forse davvero un'anomalia nella filmografia hitchcockiana,probabilmente per il suo rifarsi senza fatica al cinema mainstream hollywodiano,quasi a sottolineare la propria distanza dal medesimo,mentre realizza un lavoro adeguato alla grande industria americana.Apprezzato il film,resta l'inquietudine che trasmettono le immagini di Grace Kelly che guida veloce sui tornanti che anni dopo ne videro la tragica fine anni dopo:certo,però che nessuno avrebbe potuto prevedere un amaro capriccio della sorte come quello.

CHERI(Chèri,D/GB 2009)
DI STEPHEN FREARS
Con MICHELLE PFEIFFER,RUPERT FRIEND,Kathy Bates,Felicity Jones.
DRAMMATICO
A ventun anni di distanza da "Le relazioni pericolose", le strade professionali e cinematografiche di Michelle Pfeiffer e Stephen Frears tornano ad incrociarsi: anche qui ci troviamo di fronte ad un film tratto da un'opera letteraria, di Colette nello specifico,l'ambientazione è di nuovo nel passato,essendo il racconto ambientato durante la Belle Epoque. La prostituta d'alto bordo che "alleva" il figlio di una collega e inesorabilmente se ne innamora è una figura tragica,anche se lo stile di Frears e il tono adottato sembrano spesso richiamare una commedia in costume, anzichè un melò:anche per via della carica soffusa con cui la regia narra il turbamento sentimentale della coppia anomala,incapace di avere una vita sentimentale al di fuori di un rapporto che avrebbe dovuto essere solo di convenienza o praticità. Alcuni hanno accusato il film di una fin troppo eccessiva freddezza,ma sembra di più una scelta intenzionale,l'aver scelto un modo che letterariamente sarebbe definibile "in punta di penna" per riservare proprio negli attimi finali la stoccata drammatica che chiude il lungometraggio. Immersa in un dècor notevole, e in un gioco di intonazione di colori tra costumi e scenografie,l'ancor bellissima Michelle potrebbe essere una delle cinque candidate all'Oscar prossimo venturo, e se è pur vero che forse l'avrebbe meritato di più per altri ruoli, il lunghissimo primo piano in cui consiste il finale del film, esalta le capacità di un'interprete che lascia addirittura trasparire sia l'andare in frantumi di un'epoca,sia la propria morte sentimentale in una sorta di macerazione delle proprie speranze in una progressiva fissità dello sguardo.

lunedì 14 settembre 2009

BREACH-L'infiltrato (Breach,USA 2007)
DI BILLY RAY
Con RYAN PHILIPPE,CHRIS COOPER, Laura Linney,Dennis Haysbert.
DRAMMATICO
Il cinema contribuisce moltissimo all'idea che noi, viventi nei tempi delle meraviglie tecnologiche e molto influenzati da ciò che appare su schermi grandi e piccoli(spesso meglio i primi,ma oggettivamente pesano purtroppo di più i secondi), e se si pensa all'FBI, a differenza dei giochi corrotti della CIA, si tende a farsi venire in mente le indagini contro il Ku Klux Klan, la persecuzione di trame antipresidenziali, la caccia alla corruzione interna al Sistema America,quindi a dare una valutazione tutto sommato positiva dell'operato degli uomini del Bureau. "Breach",specularmente all'europeo "Le vite degli altri",come è già stato fatto notare, è un film che narra invece,pur all'interno di un intrigo giallo-morale, l'atmosfera di ordinaria mestizia che permea gli uffici degli agenti federali, la regolarità della paranoia che regola i rapporti, e la comoda presentazione di supposti ideali come Famiglia e Chiesa di grandi ipocriti che si sono lasciati mangiare dalla corruzione come certi "impiegati" anziani. La tensione della relazione professionale e simbolica di discepolo e guida tra il giovane Ryan Philippe e Chris Cooper è ottimamente sviluppata dal regista Billy Ray,e le prove dei due sono assai convincenti,con speciale menzione per l'interprete più maturo,che offre ogni ambiguità necessaria al proprio personaggio;il lungometraggio si rivela piuttosto originale nell'intraprendere una via quasi opposta alla tradizionale maniera di narrare spettacolarmente anche questioni di Stato da parte del cinema USA, mantenendo una costante suspence narrativa che rende questa opera di Ray tra le più interessanti riflessioni sulla vita,politica e non, americana.

venerdì 11 settembre 2009

IL PIANETA PROIBITO( The forbidden planet,USA 1956)
DI FRED M.WILCOX
Con LESLIE NIELSEN,WALTER PIDGEON,Anne Francis,Warren Stevens.
FANTASCIENZA

Robbie il Robot è divenuto un'icona per chi ama la fantascienza,e si può dire che è il nonno di D3BO e C1P8,dato che dopo la robot "seria" di "Metropolis" è stato il più celebre automa che ha saputo diventare personaggio e non solo parte della scenografia. In parte adattamento della "Tempesta" scespiriana, "The forbidden planet" è ancora oggi un gustoso esempio di cinematografia fantastica,che ha la pecca di dialoghi molto ingenui e con qualche punto troppo naif (il pianeta che si distrugge visto in video a milioni di miglia di distanza,e chi c'è a filmarlo,per curiosità?),ma che procede con scioltezza,presenta un grande personaggio negativo come il Dottor Morbius,interpretato con misurata classe da un ottimo Walter Pidgeon, contrapposto all'eroe Leslie Nielsen(anni prima di interpretare il più cretino detective di Los Angeles ne "La pallottola spuntata") ed elabora un'interessante metafora sull'ambizione della scienza e dei desideri dell'Ego mascherandola da film per tutti. Il mostro è ben fatto, a oltre cinquant'anni dalla sua prima uscita evidenzia l'intelligenza con cui è rappresentato,e prima de "Lo squalo" e "Alien" viene creata ad arte la suspence mostrando il meno possibile agendo sulla fantasia dello spettatore.

LA NOTTE DELL'IGUANA( The night of the iguana,USA 1964)
DI JOHN HUSTON
Con RICHARD BURTON, Ava Gardner,Deborah Kerr,Sue Lyon.
DRAMMATICO
Da un dramma di Tennessee Williams,che negli anni Sessanta fu grimaldello per indagare passioni segrete,turbe varie e sessualità irrequiete, John Huston trasse nel '64 questo film,con un cast di alto livello. Come gli accadde più di una volta in carriera, l'autore fece ammattire i produttori, visto che traccheggiava nel concludere le riprese perchè, come per il successivo "L'agente speciale Mackintosh", si era trovato talmente bene nella location di Acapulco che non voleva finire il girato. L'ex prete Richard Burton, che in sequenza d'apertura esprime la propria crisi morale,religiosa ed esistenziale ai fedeli che fuggono scandalizzati, si ritrova in un Messico caldo climaticamente,ma pieno di bollori sotto pelle in cui chi viene dall'esterno cade in tentazioni soffocate altrimenti. Intorno all'uomo,incapace di vivere appieno le la propria vita sessuale,vibra un girotondo di donne propositive e simboleggianti ognuna un eros e un indirizzo sentimentale,dalla giovanissima Sue Lyon(ancora più bella che in "Lolita") al ghiaccio bollente di Deborah Kerr,per giungere alla sensualità matura di un'Ava Gardner stupenda.E proprio colei definita "l'animale più bello del mondo" dà una prova di interprete straordinaria,donna apparentemente perduta che in realtà ha un animo raro, nella scena(per l'epoca fortissima,trasgressiva) in cui si offre ai due ragazzi sul bagnasciuga ma poi fugge in preda a un turbamento sentimentale è ad uno dei suoi apici di attrice,mentre Burton è sì valido,ma rispetto alle donne perde il confronto in verità e resa.La mossa migliore di Huston è l'aver messo nei ruoli attori che parzialmente possano mettere del proprio vissuto,assimilando molto dei propri personaggi senza apparente sforzo:il finale a modo suo lieto è quasi da commedia adulta, e dopo i tormenti mostrati prima, alleggerisce non di poco la visione.

giovedì 10 settembre 2009

FLUIDO MORTALE( The Blob,USA 1958)
DI IRVIN S.YEAHWORTH Jr.
Con STEVE MCQUEEN, Aneta Corseaut, Earl Rowe, Olin Howlin.
FANTASCIENZA
Divenuto proverbiale qui da noi per la trasmissione omonima di Enrico Ghezzi dalla fine degli anni Ottanta in poi, rifatto nello stesso periodo in USA, "The Blob" è considerato comunque un piccolo cult tra gli appassionati della fantascienza più classica. Girato in economia,vede un ammasso gelatinoso divorare tutto ciò che trova sulla propria strada, e il difficile,oltre che sopravvivergli, è trovare un modo di neutralizzare un mostro così informe e indefinibile. Se Steve McQueen rivela già qui un carisma da futura star del cinema,il film è divenuto famoso ben oltre i suoi meriti:diretto senza particolare verve narrativa dal non troppo conosciuto Irvin S.Yeahworth jr., "Fluido mortale" procede tra troppe ellissi di racconto,senza delucidarci molto sui giri della gelatina aliena e sul come si infili in posti strampalati per fare le sue vittime.Probabilmente per scarsità di budget, anche gli effetti speciali,pur fatte le dovute considerazioni sulla databilità del film, non sono granchè:un B-movie adolescenziale,con una buona intuizione di partenza,poi ripresa anche da altri titoli(vedi per esempio "Man in Black" e vari racconti di Stephen King) ma niente di più.

lunedì 7 settembre 2009

ALFIE( Alfie,GB 2004)
DI CHARLES SHYER
Con JUDE LAW,Sienna Miller,Marisa Tomei,Susan Sarandon.
COMMEDIA/DRAMMATICO
Nell'ampio saccheggiamento di sceneggiature del passato da riadeguare alla moda corrente per trarre nuovo profitto da idee antiche ma sempre valide,via libera anche per "Alfie", remake del piccolo classico del 1966 con Michael Caine playboy venuto dai bassifondi che si ritrovava a dover crescere tutto in una volta. Al posto dell'interprete di "Vestito per uccidere" c'è Jude Law,che ne riprenderà il ruolo pure nel rifacimento di "Gli insospettabili",e questo doveva essere la definitiva rampa di lancio per il biondo dagli occhi chiari che tanto alle donne piace: commercialmente non è andata molto bene,e l'attore non è divenuto poi la nuova superstar venuta dalla terra d'Albione. Scritto e diretto da Charles Shyer,abbastanza avvezzo a rifare commedie classiche, il film non è malaccio, però contraddice non poco il messaggio dell'originale:se l'Alfie di Caine era sostanzialmente un personaggio accattivante,ma che nella realtà non vorremmo conoscere molto volentieri,pieno di piccole malignità e bassezze, quello moderno è alla fine un figliolo insicuro,piacente e sfoggiante un savoir faire che lo rende ambito,però pronto ad un'agnizione finale che riconosce alle donne della sua vita il massimo possibile (per lui)della stima e della riconoscenza.E, gettata la simbolica cenere sul capo, si va avanti. A parte che appunto Law è anche troppo bello rispetto al più virile e meno canonicamente attraente Caine,c'è qui volonterosità,mentre nell'originale c'è un'interprete di gran valore:e i milioni di luci di New York che accompagnano e testimoniano le prodezze seduttive di Alfie non brillano certo di verità,rispetto agli opachi colori presentati dalla Londra del '66,ma sono le conseguenze della ricerca del glamour a tutti i costi.

domenica 6 settembre 2009

SEGNALI DAL FUTURO(Knowing,USA 2009)
DI ALEX PROYAS
Con NICOLAS CAGE,Rose Byrne, Chandler Canterbury,Ben Mendelsohn.
FANTASCIENZA
Che Alex Proyas non fosse proprio un allegrone ce lo immaginavamo già da "Il corvo",con cui esordì:"Segnali dal futuro" però è proprio una pellicola di fantascienza catastrofista,soprattutto nell'assunto, come da tempo non se ne vedevano. La storia si apre nel 1959,con i piccoli alunni di una scuola americana che disegnano,o scrivono,ciò che si aspettano dal futuro della Terra:ma una di loro butta giù un fittissimo insieme di numeri che sembra andare oltre lo spazio del foglio assegnato.Cinquant'anni dopo, la capsula metallica in cui sono stati messi tutti i lavori dei bimbi viene aperta e capita in mano del figlioletto dell'astrofisico,da poco vedovo, Nicolas Cage, che decodificando fortuitamente la sequela di cifre composta ,scopre che sono tutte date di disastri accaduti dopo il '59:sono indicati l'11 settembre,Lockerbie,Katrina,lo tsunami asiatico,e ad ogni data corrisponde la computazione delle vittime. A questo punto, il protagonista vuole cercare di capire cosa succederà ancora e a cosa alludono l'ultima enigmatica data indicata. Trovandosi in mezzo a un incidente aereo e ad un attentato nella metropolitana,il professore giungerà ad un'amarissima e sconvolgente verità."Segnali dal futuro" non è un film brutto come si poteva paventare,però se è vero che il finale,pur in una dimensione di stoica rassegnazione ad accettare un' inevitabile tragedia planetaria,si va avanti per troppi clichès.Ci sono: A)l'eroe che viene da una tragedia personale e si attacca troppo alla bottiglia;B)una troppo facile decodificazione del codice misterioso;C)guarda strano,quando le cose cominciano a farsi minacciose, il protagonista carica la pistola(cosa abbastanza assurda,vista l'entità delle cose che stanno accadendo). Il film si rialza nel finale, sulle note dell' "Allegretto" di Beethoven che accompagna le drammatiche sequenze di un'Apocalisse provocata dal Sole,mentre il protagonista,compiute le sue sofferte scelte,effettua un toccante ritorno alla propria famiglia."Knowing" si chiude su un segnale di speranza che però,qui,sa un pò di forzato,visti gli intenti dell'autore della pellicola.

venerdì 4 settembre 2009

BLADE:TRINITY(Blade:Trinity,USA 2004)
DI DAVID S.GOYER
Con WESLEY SNIPES,Jessica Biel,Ryan Reynolds,Parker Posey.
AZIONE/FANTASTICO
Se nei fumetti aveva conquistato una schiera di appassionati,ma rimaneva comunque un personaggio minore dell'universo Marvel, al cinema, almeno dal punto di vista commerciale "Blade" ha funzionato benissimo:ottimi gli incassi e ampie possibilità di sviluppo delle trame del mezzo uomo mezzo vampiro che dà la caccia ai succhiatori di sangue che sembrano invadere le nottate americane. Ogni capitolo della (fino a qui) trilogia ha avuto un regista differente,e difatti quello gestito da un director più "autore" è il migliore,nella fattispecie il numero due. Qui, benchè l'idea di affiancare all'agile ammazzampiri di pelle vestito i due aspiranti divi Jessica Biel e Ryan Reynolds non sia malvagia,si sente forte il respiro fiacco della ripetizione a scopo economico:le scene d'azione non sono mal girate ,di buona qualità gli effetti speciali, ma se il personaggio dell'alleato di Blade interpretato da Kris Kristofferson è evidente che esca di scena in modo forzato, la concezione di un'organizzazione ultratecnologica di vampiri affonda nel ridicolo, e via via che il film scorre,si ha sempre maggiormente la sensazione di prevedibilità della trama. Tra fari abbaglianti che polverizzano in un'esplosione di scintille i mostri assassini, spettacolari scontri a base di arti marziali, non viene da stroncare l'intera operazione, come molti spettatori hanno fatto, ma resta il pensiero che per concludere (forse?) la serie di Blade si sarebbe potuto essere un pò più originali.

TOMMY( Tommy,GB 1975)
DI KEN RUSSELL
Con ROGER DALTREY, Ann-Margret,Oliver Reed,Pete Townshend.
MUSICALE
A tutto cult:"Tommy" fu una rock opera di impatto creata dagli Who,la band inglese frapposta,per molti,esattamente tra i Beatles e i Rolling Stones per importanza e creatività, Ken Russell, il regista inglese più chiacchierato della propria generazione ne scrisse un adattamento per il cinema e la collaborazione tra il regista de "I diavoli" e Daltrey,Townshend & C. fruttò un film che i giovani amarono tanto. Se per certi versi si ritrovano echi dei successivi Pink Floyd di "The Wall" e "The final cut", si rintracciano omaggi(sberleffi?) a "Arancia meccanica" di Kubrick e "Easy rider" di Hopper, mettendoci pure un autocitazionismo notevole, e un ricorso alla parabola messianica che da un lato esalta il ruolo della (rock)star, dall'altra lo straccia e lo mette in ridicolo:interamente senza dialoghi, commentato solo dalle musiche e dalle canzoni, impreziosito dai numeri canori di Eric Clapton,Tina Turner,Elton John, e ,sì anche se sembra strano,Jack Nicholson, il film si avvale di una certa potenza immaginifica,di intuizioni registiche e visuali di razza,di un insieme sonoro ragguardevole.Se forse la lunghezza è eccessiva,non si nega a "Tommy" un carisma autentico di pellicola da ricordare nella splendida sequenza della corsa del protagonista attraverso gli elementi,della bravura di Ann-Margret( seducentissima) e di Oliver Reed,cantori non professionisti, ed un'immagine finale da brivido, che vede un sole lucente stagliarsi sul profilo di Tommy,finalmente libero di ogni pesantezza e legame opprimente in un'alba magnetica.

COCOON-L'energia dell'universo( Cocoon,USA 1985)
DI RON HOWARD
Con DON AMECHE,WILFORD BRIMLEY,STEVE GUTTENBERG,BRIAN DENNEHY.
FANTASTICO

Terzo film da regista per Ron Howard,e primo smash hit mondiale vero e proprio,nel segno di un cinema fantastico che in Steven Spielberg trovava araldo e fautore,"Cocoon" è una fiaba moderna che appassionò le platee:eppure non vi erano star in voga,ma caratteristi molto bravi e diversi in età anziana,fatto salvo l'allora rampante,poi persosi,divo di "Scuola di polizia", Steve Guttenberg. Vincitore dell'Oscar per il miglior non protagonista con Don Ameche, il film si mantiene su un equilibrio non facilissimo tra commedia fantastica e cinema di sentimento,mettendo in scena,come appunto "Incontri ravvicinati" ed "E.T." degli alieni antropomorfi che scendono a patti con l'umanità,anche se ne verranno parzialmente delusi dall'incancellabile egoismo. Howard tiene il freno a mano tirato nella parte tendente al commovente,e la pellicola ne beneficia,tuttavia giungendo a stuzzicare le sacche lacrimogene di molti spettatori giusto appena prima del finalissimo:e comunque,non è sgradevole l'ingenuità che si respira nel racconto, in un mondo in cui si parlava sempre più spesso di minacce nucleari reciproche tra uomini su contrapposte frontiere,e dà coraggio continuare a sperare in quel che di buono c'è in un essere umano.