lunedì 27 giugno 2011

VERA CRUZ ( Vera Cruz,USA 1954)
DI ROBERT ALDRICH
Con GARY COOPER,BURT LANCASTER,Cesar Romero,Denise Darcel.
WESTERN


La fiducia che Robert Aldrich poneva nella natura umana non era infinita,è risaputo,e quasi sempre nei suoi lavori il contesto è quello di una crudeltà spontanea dei personaggi per trarre il meglio per il proprio profitto o convenienza,ma è sbagliato etichettare il cineasta di "Quella sporca ultima meta" come un cinico.Infatti,se l'atmosfera spesso è impietosa,il suo cinema è fatto anche di gesti inconsultamente eroici,in cui va letta una fiera resistenza a non lasciarsi annichilire da un mondo barbaro e senza sentimenti,quasi un tema portante della sua opera,un monito ed appello a scuotersi e cercare un barlume di Giustizia. "Vera Cruz" è un western molto atipico per i propri tempi,che deve esser stato amato non poco da Sergio Leone,in quanto vi si ritrovano molti motivi delle sue storie,dalla caccia all'oro,all'imperante mancanza di scrupoli della gente del West,all'evitare che il mondo sia diviso in buoni e cattivi,anche se qualcuno sarà,quasi contrariando se stesso,capace di un atto di coraggio o di umanità. I due alleati per forza Cooper e Lancaster diffidano uno dell'altro,si tengono braccio in alcuni momenti,pianificano a scapito del prossimo,fino ad affrontarsi all'inevitabile duello conclusivo:Aldrich realizza in un'ora e mezza scarsa un gran racconto d'avventure,sullo sfondo di un evento storico come la revoluciòn messicana,con due interpreti che rappresentano un vago idealismo il primo,e una ribalda grinta il secondo. Un'altra prova dell'importanza di un regista purtroppo mai troppo celebrato dalla critica.Basti vedere la sequenza dell'imboscata al reggimento nel paesino,un gioiello di montaggio e respiro cinematografico,con ogni personaggio inquadrato in momenti salienti,e l'apertura finale della scena con la cavalcata libera dalle trappole delle viuzze abitate. A mio parere,forse il più grande dei sottostimati tra i registi.

domenica 26 giugno 2011

UNA VITA TRANQUILLA (I/F/D,2010)
DI CLAUDIO CUPELLINI
Con TONI SERVILLO,Marco D'Amore,Francesco Di Leva,Juliane Kohler.
DRAMMATICO

Salutato come "il più grande attore del mondo" da una copertina di "Film Tv",Toni Servillo ha lavorato assai questa stagione,ma dei tre film girati dall'interprete partenopeo,non uno ha avuto granchè fortuna al botteghino:sia "Gorbaciof",che "Il gioiellino" e pure questo "Una vita tranquilla" sono stati snobbati dal grande pubblico,che,come si sa,quest'anno ha premiato molto le commedie con nuove impensate star del grande schermo. In questo film di Claudio Cupellini,che è passato da un registro brillante-sentimentale come "Lezioni di cioccolato" ad un dramma criminale cupo e con colori autunnali,Servillo è un ristoratore italiano che ha fatto una discreta fortuna in Germania,benissimo inserito nella comunità locale,che si vede arrivare dal Meridione d'Italia due giovani a sorpresa che lo rigettano in un passato cancellato.Ed il finale non potrà che essere tragico. Nel racconto vige una tensione destinata ad esplodere ben controllata dalla regia,che evita impennate ed accelerazioni proprio per dare modo al personaggio principale di presentare ogni sfaccettatura possibile,da quella dell'imprenditore abile,a quella del bravo padre di famiglia,fino all'istinto omicida:Servillo riveste Rosario/Mario di bravura attoriale,indossando ogni faccia con cura,ma anche il cast che lo circonda è ben scelto.E Cupellini ha il merito di non portare il film alle conclusioni più prevedibili,riservandosi una conclusione non così anticipabile,che avendo del rocambolesco e dell'incredibile può risultare anzi verosimile.Non un grande film,ma interessante.



S.O.B. ( S.O.B.,USA 1981)
DI BLAKE EDWARDS
Con JULIE ANDREWS,WILLIAM HOLDEN,Robert Mulligan,Robert Webber.
COMMEDIA


Rispetto a Billy Wylder il cinema di Blake Edwards è stato forse meno geniale,ma il suo humour ha morso non poco costumi e malcostumi della società americana:verso la fine degli anni Settanta il lessico utilizzato nelle sceneggiature delle sue pellicole si fece più pesante e sboccato,ma era anche adeguato all'ondata "nuova" che prevedeva anche il linguaggio di strada nel mondo dei film. In quel periodo Edwards assunse,un tono fondamentalmente pessimista,indispettito,tradotto nelle commedie da lui dirette in una sostanziale tendenza al cinismo e al disincanto verso la società,ambiente cinematografico compreso. In "S.O.B." (acronimo per Son Of Bitch,figlio di puttana) il regista di "Colazione da Tiffany" arriva addirittura a mostrare le sacre grazie della consorte Julie Andrews,eterna Mary Poppins,descrivendo un microcosmo di falsi,infami,indifferenti,avidi ed egocentrici,con cadaveri sulla spiaggia di cui nessuno si accorge,ed una follia che regola un pò tutto,dal produttore che si mette a letto con la ganza vestito in guèpiere,al regista che si fa letteralmente uccidere per star dietro ai propri progetti. Più avvelenata che divertente,la commedia non manca di notazioni aguzze,e fa affidamento ad un cast ricco di ottimi attori,su cui svetta la matura ed ancor bella Julie Andrews,che coraggiosamente rovescia il clichè angelicato che la portò al successo.Ed Edwards non si risparmia un dettaglio toccante,quel funerale in mare aperto stupido eppure commosso da parte di tre vecchie volpi che tuttavia compiono un unico atto di sincero cordoglio portando la salma dell'amico di sempre lontano da un mondo corrotto.



lunedì 20 giugno 2011

PIRATI DEI CARAIBI:OLTRE I CONFINI DEL MARE
( Pirates of the Caribbeans:On stranger tides,USA 2011)
DI ROB MARSHALL
Con JOHNNY DEPP,PENELOPE CRUZ, Geoffrey Rush,Ian McShane.
AVVENTURA/FANTASTICO

Nata come un costoso azzardo,da un intrattenimento di Disneyworld,la serie "Pirati dei Caraibi",sembrava chiudersi con il terzo capitolo,essendo arrivata al ciclo conclusivo la love story tra il pirata per forza Orlando Bloom e l'amata Keira Knightley:incoraggiato dalle robuste cifre degli incassi,il produttore Jerry Bruckheimer ha messo in cantiere e realizzato una quarta avventura,con protagonista ancora il filibustiere più strampalato della storia del cinema,Capitan Jack Sparrow,piazzandogli accanto l'antico rivale Barbossa (Geoffrey Rush) e una nuova potenziale love story con la figlia di Barbanera (Penelope Cruz).Cambia il regista,da Gore Verbinski,che ha curato la trilogia iniziale,giunge dietro la macchina da presa Rob Marshall,che vinse l'Oscar all'esordio per "Chicago",e poi non ne ha azzeccata più una. Lo spettacolo c'è,ma il film,che non cela i miliardi spesi per produrlo,ha una lunghezza elefantiaca,molte scene sanno di dejà-vu (non solo per quanto riguarda questa serie,ma pure Indiana Jones ed altri),il cast è in preda ad un'epidemia di gigionismo,giacchè Depp sembra la versione corsara di Tomas Milian-Monnezza e ha una gestualità da alticcio perenne,Rush si rifà il verso senza crederci granchè,la Cruz sfoggia l'accento ispanico,pure nella versione doppiata,ma sembra messa a caso in mezzo alla marmaglia.Si prevedono altri due capitoli,data la risposta entusiasta delle platee,ma la scia della "Perla Nera" sembra in piena risacca.



lunedì 13 giugno 2011

QUELLA VILLA ACCANTO AL CIMITERO (I,1981)
DI LUCIO FULCI
Con CATHRIONA MACCOLL,PAOLO MALCO, Giovanni Frezza,Anja Pieroni.
HORROR


La carriera registica di Lucio Fulci ebbe la sua maggior visibilità ed anche la maggior possibilità di trovare cultori negli anni che chiusero i Settanta ed aprirono i Novanta:da "Zombi 2" in poi,il regista toscano virò nettamente verso pellicole in cui effetti splatter si sprecavano e la dimensione orrorifico-fantastica la faceva da padrona,ed in questo senso fu curioso che il rappresentante più celebre del genere thriller all'italiana,Dario Argento,seguì egli stesso la linea fulciana,vedi "Inferno".In un gioco comunque di riferimenti reciproci,uscì anche "Quella villa accanto al cimitero",horror su una casa infestata con escalation di massacri particolarmente sanguinari,soprattutto nell'ecatombe conclusiva che si svolge nella cantina della casa maledetta. C'è un professor Freudstein (che ingegno nell'elaborare un nome...) che ha fatto una scomparsa misteriosa,un bambino che comunica con una strana bambina che appare e scompare,strani rumori che vengono dalle fondamenta dell'abitazione in cui è appena giunta la famigliola votata alla strage,tutti ingredienti risaputi e clichès vari di un genere amato senza filtri dagli appassionati.Il film,rispetto a "L'aldilà",sembra andare più sul risaputo,con tanto di bambole inquietanti e cadaveri sparsi nel sottosuolo,procede con zoomate che sottolineano i momenti di tensione e delitti in cui c'è una fuoriuscita di sangue spropositata rispetto al solito:vietato ai minori di diciotto anni all'epoca della sua uscita,oggi appare più grottesco che spaventoso,l'ambiguo finale in cui si insinua che forse l'entità che orchestra la macabra danza di morte non è chi si pensa,ma una figura apparentemente meno pericolosa,è la cosa migliore di questo lungometraggio.


THE TREE OF LIFE ( The tree of life,USA 2011)
DI TERRENCE MALICK
Con BRAD PITT,SEAN PENN, Fiona Shaw,Pell James.
DRAMMATICO

Che Terrence Malick sia autore di culto lo sa chiunque si sia minimamente interessato di cinema negli ultimi quindici anni,o più. Un regista che ha fatto della rarefazione,anche a livello produttivo,un suo punto personale ed anche una cifra stilistica,con il quale fior d'attori hanno manifestato volontà di lavorare anche a scapito dell'interesse personale,in poche parole un artista vero e riconosciuto. L'ultima sua opera,"The new world",rilettura colta della leggenda di Pocahontas,aveva conosciuto più perplessità che favore,ed erano in molti ad attendere questo "Tree of life" presentato all'ultimo festival di Cannes come un rilancio del director de "La rabbia giovane".Diciamolo,il cinema di Malick non è per tutte le sere,non per tutti i momenti,ti deve cogliere in particolare ricezione e voglia di assorbire quanto più lo schermo ti metta a disposizione,ed il suo senso del tempo narrativo,perduto in flussi di coscienza,meditazioni,esplosioni d'immagini e contemplazioni dell'universo circostante all'Uomo,non sono cose semplici con cui confrontarsi.Però va detto,"Tree of life",per quanto possa essere impegnativo e,sì,a tratti ingombrante,è un'esperienza che apre la mente come un grimaldello virtuale,pone domande pesantissime e ha l'ambizione di offrire la Creazione con immagini di una potenza immane,offrendo al contempo l'occasione agli uomini di domandarsi il Perchè si rivolgano a Dio,quando non sanno a cosa appoggiarsi o riferirsi,per l'enormità della Vita. La storia di un uomo qualsiasi,il vagare del racconto tra l'Oggi e lo Ieri,un'anima spaccata in due tra una madre che vive della Grazia e instilla nei figli la dolcezza della Meraviglia,del vivere apprezzando lo splendore di ciò che troppo si dà per ovvio,fosse anche un gocciolar d'acqua,o uno splendere di sole,ed un padre (un Brad Pitt forse nel ruolo più ben reso della carriera,nonostante la difficoltà di rendere un personaggio con poche battute,tutto sommato)che rappresenta la barbarica essenza della Natura,che alla discendenza rappresenta la durezza della vita,la fragilità delle aspirazioni e la necessità della disciplina.Un film di quelli che ti montano e fioriscono dentro,più ancora di quando lo si vede,che suggestiona per l'ampiezza di spunti,argomenti,e vere e proprie visioni delle cose del mondo che ispira.Magari è di quelle opere che basta vedere una volta nella propria esistenza,e difficilmente ci si riaccosta volontariamente,ma resta dentro lo spettatore. Perchè,come il rettile predatore che inspiegabilmente risparmia l'erbivoro già indebolito e trovato inerme,quest'opera spiega con pacata eloquenza a te che la visioni,che non bisogna stancarsi di meravigliarsi e che niente,in Natura,è scontato.